domenica 17 gennaio 2016

E' BOOM DELLE PROTESI DEL PENE: 300 IMPIANTI NELL'ULTIMO ANNO

Il giorno dopo l'impianto di una protesi del pene è "quello della rinascita di un uomo". A parlare è Gabriele Antonini, urologo-andrologo del dipartimento di Urologia 'U. Bracci' dell'Umberto I - Sapienza Università di Roma. E' lui ad avere il primato delle protesi del pene impiantante in Italia, 40 su 300 totali nell'ultimo anno, secondo i dati del registro di implantologia protesica peniena della Società italiana di andrologia. "Mi sono dedicato completamente a questa chirurgia e nel tempo ho cercato di ultra-specializzarmi in questo settore - spiega Antonini all'Adnkronos Salute - cercando di raggiungere in termini di risultati degli standard qualitativi molto alti".
"Ci sono uomini che ogni giorno devono convivere con il dominante squilibrio tra un deficit, apparentemente irrisolvibile di una funzione così importante del proprio corpo, e l’essere animati da una immutata sete di voler vivere ancora quello straordinario piacere della vita che è il sesso - ricorda il chirurgo - uno squilibrio dilaniante, che nella maggior parte dei casi diventa il viatico che conduce lentamente, quasi senza accorgersene, ad ammalarsi di quel male oscuro che è la depressione. Ed è proprio a questi uomini 'senza piacere dell’oggi e senza passione nel domani' che noi ci rivolgiamo".
Secondo Antonini, "una protesi peniena è la migliore opzione chirurgica per il trattamento degli uomini con disfunzione erettile. Alcuni la considerano come 'l'ultima spiaggia', ma io non sono d’accordo. Un impianto al pene può essere effettuato in qualsiasi paziente affetto da disfunzione erettile organica. La maggior parte di questi problemi non riescono a risolversi spontaneamente con trattamenti non chirurgici - aggiunge - Temporeggiare significa avere un notevole e irreversibile accorciamento del pene causato dalla scarsa ossigenazione dei corpi cavernosi. Cosa ancor più grave nei pazienti affetti da 'induratio penis plastica', una condizione patologica, che determina deformità e severi incurvamenti del pene".
La protesi dell'organo sessuale maschile è un dispositivo endocavernoso costituito da due cilindri che vengono inseriti nei due cilindri naturali del pene: i corpi cavernosi. Può essere non idraulica (malleabili), e idraulica (tricomponenti).
"La prima è la più semplice, costituita da due cilindri di consistenza costante che producono un’erezione di rigidità sufficiente all'atto sessuale, ma tale da permettere la flessione del pene. Rappresenta il modello di prima scelta nei casi in cui esistano limitazioni della manualità del paziente - sottolinea Antonini - i modelli idraulici sono invece costituiti da due cilindri gonfiabili, un dispositivo di controllo interno allo scroto e un serbatoio di liquido posizionato vicino la vescica. Si crea un sistema a circuito chiuso, dove il liquido viene trasferito ai due cilindri per ottenere l’erezione e, sempre a comando manuale, viene ritrasferito al serbatoio per ottenere la flaccidità".
La protesi idraulica permette di ottenere "un’erezione di consistenza e aspetto non distinguibile da un’erezione naturale - precisa il chirurgo - con la stessa sensibilità di prima dell’intervento, e con la stessa capacità di eiaculazione e orgasmo, il tutto non notando nulla dall’esterno. Infatti, tutti gli elementi della protesi sono all’interno del corpo".
Antonini utilizza un tecnica mininvasiva per l'intervento definita 'Minimally invasive penile prosthesis implant'. "La uso soprattutto nei pazienti operati per carcinoma della prostata - spiega l'esperto - e in quelli affetti da diabete e 'induratio penis plastica'. L’innovazione sta tutta nella tecnica utilizzata per posizionare l’impianto: si effettua una incisione infrapubica alla base del pene di appena 2 centimetri per l’impianto delle protesi peniena idraulica. L’intervento dura circa venti minuti, contro i 50 minuti di quello tradizionale a tutto beneficio del dolore post operatorio, che è quasi inesistente, e del rischio di infezioni che diminuisce considerevolmente ed è prossimo allo zero per cento".
Qualsiasi tipo di intervento chirurgico è caratterizzato da un grande stress psicologico. "Lo sappiamo bene - avverte Antonini - ed è per questo che interveniamo preparando emotivamente il paziente, dandogli il coraggio per affrontare una procedura chirurgica in una parte anatomica così delicata e privata. Oltre a uno psicoterapeuta che valuta più scientificamente le motivazioni del paziente, forniamo un sostegno reale con il contributo di altri ex pazienti che hanno già provato la stessa situazione e si rendono disponibili a raccontare la loro esperienza ed a mostrare il risultato dell’impianto protesico. Questo dà grande coraggio e rafforza la loro convinzione".
"Facciamo questo per ognuno di loro, prendendocene cura, accogliendo e comprendendo i loro bisogni. Credo sia proprio questo il segreto del successo, mettere a proprio agio il paziente, farlo sentire capito nel suo dramma di uomo 'incompleto' e farlo rinascere. Sì, per noi il giorno dell’impianto protesico è quello della rinascita del paziente", conclude il chirurgo.
domenica 17 gennaio 2016 
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