lunedì 20 luglio 2015

QUANDO NICOLA CUCULLO MI RIMPROVERO': SIGNORI', VATT A SCIACQUA' LA FACCIA

Cosa puo' scrivere un giornalista quando muore un grande? Perche' Nicola Cucullo era un grande uomo, un grande 
sindaco, un grande politico. Se ne e' andato solo, ma nella vita non e' mai stato solo. Erano i primi anni Duemila. 
Nicolino era sindaco di Chieti, citta' che ha dominato per piu' di due lustri. Da cronista di Libero andai a intervistarlo nel suo studio 
in Comune. Ero affascinata dal suo carattere impetuoso, le domande mi si affastellavano nella mente. Avra' la pazienza 
di ascoltarmi, lui che va sempre di fretta e sempre al sodo? Usera' il suo piede di porco per farmi scappare via se gli 
rivolgo qualche domanda impertinente o mi ascoltera' paziente e docile come fanno i politici quando fremono per finire 
sui giornali? Lo trovai, alla sua scrivania, tra le sudate carte. Una montagna di carte, come quelle che mostrava in tv per 
dimostrare al popolo il suo operato sulla citta'. Perche' don Nicola aveva le mani sulla citta'. Conosceva ogni singolo 
marciapiede, si sentiva talmente a casa sua sua che usciva in strada persino in pigiama quando c'era qualcosa da 
aggiustare che altri avevano rotto. Mi introdussero nel suo ufficio e mi presentai tutta perfettina:'sindaco, buongiorno, 
sono qui per l'intervista'. Avevamo un appuntamento. Lui mi rivolse una rapida occhiata e senza neanche dire 
'buongiorno', mi apostrofo': signori', vatta a sciaqua' sa' facc', vatti a lavare il viso. Don Nicola non amava il trucco. 
Voleva le donne, financo le giornaliste, con la faccia pulita. Acqua e saponeee, urlava da dietro la scrivania. Rimasi senza 
parole e senza fiato. Basita. Mai mi sarei aspettata una simile accoglienza. Dovetti riprendere velocemente il controllo della situazione.  Nel frattempo il mio trucco, occhi anneriti dalla 
matita e labbra disegnate e colore incarnato, si scioglieva dal caldo dell'estate e dalla tensione del momento.  Mi ripresi 
scherzando: sindaco, non ho tempo di levarmi il trucco, devo scrivere in fretta il pezzo. 'Vabbo', dai, assittat, chi vu' sape'? ; vabbe' dai siediti, che vuoi sapere? Nicolino era cosi', diretto, schietto, per niente formale. Lo amavi o lo odiavi. E io lo adoravo. Come cronista mi faceva piacevolmente impazzire il suo estro, la sua personalita' eclettica . Non ho mai amato i politici, tranne 
rare eccezioni, e Cucullo era una di quelle.  Una sera mi invito' alla presentazione di una sua biografia in cui rivelava la sua passione giovanile per i bordelli. Ero seduta con altri invitati al suo tavolo, e durante la cena,   i suoi racconti erano infarciti di sconcezze. Birichinate raccontate senza mai, mai una volta, trascendere nella volgarita'. 'A Cinzia, dai capelli appuntiti', fu la dedica su quel libro che conservero' per sempre tra i miei ricordi piu' belli di cronista.  I miei capelli erano cortissimi, scuri e appuntiti dal gel. Oggi sono lo stesso cortissimi ma anche platinatissimi e non piu' appuntiti. Chissa' cosa scriverebbe di me, oggi, Nicola Cucullo. Sarei proprio curiosa di sapere quali difetti mi troverebbe. Quando ho saputo della sua morte mi sono molto commossa, come poche volte mi capita di fronte alla dipartita di un grande. Anche adesso, mentre scrivo, ho la lacrimuccia. Mi manchera' il sindaco Cucullo. Perche' politici di razza come lui, o Gaspari o Sospiri, non ne nasceranno piu'. Era capace  di far sorridere anche quando straparlava di 'fritture' di ebrei e gay. Faceva indignare, purche' si parlasse di lui, ma sapeva anche correggere il tiro. Usava il piede di porco anche quando esternava oralmente. Ma poi sapeva farsi perdonare quando ti guardava dritto negli occhi e ti chiedeva:' Soddisfatta o vuole sapere di piu'?  Perche' mo, signori', te na da ii, ting da fa', te ne devi andare, ho da fare. Ciao, grande Nicolino.
cinzia cordesco
lunedi 20  luglio  2015
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