sabato 29 luglio 2017

L'APPELLO DI DON LUCIANO VOLPE VICE PARROCO DELLO SPIRITO SANTO: IL GIOCO DISTRUGGE LE FAMIGLIE IL GIOCATORE: SPENDEVO FINO A 500 EURO AL GIORNO


C'è il giovane operaio che in pochi mesi brucia i risparmi di una vita alle slot. Ma poi si incammina verso un percorso religioso. Incontra la fede e don Luciano e si salva. C'è il papà che invece di riportare in famiglia lo stipendio, se lo gioca alle macchinette. Ma non è mai troppo tardi per pentirsi. Poi ci sono le casalinghe e le pensionate che trascorrono ore dentro le tabacchiere, rapite dalla febbre dei gratta e vinci e delle lotterie istantanee. "Il gioco d'azzardo è una piaga sempre più dilagante, che distrugge le famiglie e annienta i valori di persone già minate da vuoti interiori che riempiono giocando compulsivamente". E' il grido d'allarme lanciato da don Luciano Volpe, vice parroco della chiesa dello Spirito Santo diretta da don Giorgio Campilii, che ha contattato il Centro per denunciare "queste cattive abitudini" e "incoraggiare le persone ad uscire dal vizio rivolgendosi ai centri di auto aiuto" attraverso la parrocchia. "Ogni settimana- racconta don Luciano, 61 anni, originario di Bucchianico, 33 anni di sacerdozio iniziato proprio allo Spirito Santo dove è tornato 3 anni fa- ricevo una cinquantina di persone che chiedono aiuti di varia natura. Tra queste, almeno dieci, denunciano l'inferno del gioco. Sono storie di disperazione, di uomini e donne di tutte le età che si aggrappano a questa dipendenza per colmare dei vuoti interiori che, invece, andrebbero riempiti solo di buone letture".

Don Luciano, chi sono queste persone che si rivolgono alla parrocchia e come le aiutate?
Sono storie diverse tra loro, c'è il laureato e c'è il soggetto poco scolarizzato, ma con l'unico denominatore del gioco. Io che vengo dal servizio sacerdotale nelle parrocchie di paese, nel teatino, dove il vizio non attecchisce molto, sono sconcertato dai tanti centri scommesse che aprono continuamente in città, risucchiando gli animi. Un operaio di 35 anni si è rivolto a me per sfogare il suo calvario: tutti i risparmi persi alle macchinette, non so neppure come si chiamano esattamente. Io l'ho indirizzato verso un centro di ascolto, dove ognuno si racconta e altri prendono coscienza, ed è riuscito da salvarsi dalla dipendenza. Mi ha anche scritto una lettera in cui rende testimonianza del passato pericolo. Noi preti siamo operatori spirituali, il nostro compito è ascoltare e non giudicare. Forniamo gli strumenti per cambiare vita, con l'aiuto di uno psicologo e il conforto della fede. Se esco e vado in tabacchiere vedo tante donne di mezza età e pensionate ferme ore e ore a giocare le schedine. Mi hanno riferito che vanno alle Poste a ritirare le pensione e se la giocano di getto ai grattini. C'è poi il caso di un papà trentenne che si giocava gli stipendi e, ovviamente, non li rimetteva in famiglia. Poi, però, ha capito quanto male stava facendo a moglie e figli ed è arrivato il pentimento e la guarigione. Un altro ha perso gli appartamenti. Io stesso ho visto scommettori nelle sale gioco all'ora di pranzo della domenica, che è un giorno tradizionalmente dedicato alla famiglia. Il mio appello a queste persone, attraverso il vostro giornale, è: prendete coscienza del bene e del male e fatevi aiutare. Purtroppo anche lo Stato promuove queste dipendenze.

E' anche vero che le parrocchie, spesso, organizzano lotterie?
Si, ma sono a scopo benefico e non creano dipendenza.

Quanto coraggio ci vuole per venire in confessionale, raccontare il proprio dramma e chiedere aiuto?
Ci vuole molto coraggio e molta umiltà.

Quali sono le motivazione che spingono le persone verso il gioco d'azzardo?
La perdita del lavoro, un servizio sociale che riempie la vita; la carenza di valori e i vuoti interiori, la mancanza di soldi. Chi gioca lo fa per vincere, ma non si rende conto che il gioco è una trappola che fa perdere tutto.

Dalla dipendenza si può uscire?
Si, ma bisogna crederci e avere un sano amore per se stessi.


IL GIOCATORE CHE CE L'HA FATTA AD USCIRE DAL VIZIO DOPO AVER SPESO ANCHE FINO A 500 EURO AL GIORNO
"Sono arrivato a spendere anche fino a 500 euro al giorno per il gioco. In un anno ho dilapidato i risparmi di una vita alle slot, ho svuotato il conto in banca. Quando sono arrivato all'ultimo centesimo dei miei ventimila euro, ho deciso che dovevo smettere". Mario,(nome di fantasia) 50 anni, magazziniere pescarese, fino due anni fa era un giocatore incallito e si è rivolto a don Luciano Volpe "perchè avevo bisogno di un suo consiglio" . E il consiglio è arrivato. Mario è stato indirizzato prima ad un centro di ascolto di Villaggio Alcyone e poi ai Colli, vicino alla Madonna dei sette dolori. Contemporaneamente è iniziato il suo cammino di fede con una comunità religiosa. E, infine, ha trovato il coraggio di mettere nero su bianco il suo calavario e spedire una lettera a don Luciano nella quale Mario "rende testimonianza" di cosa significhi essere un malato del gioco d'azzardo. "Si comincia per gioco e si è convinti di vincere- scrive il magazziniere in alcuni passaggi- mentre invece si entra in un vortice di autodistruzione psicologica che col passare del tempo non riesci più a gestire. Questa è la malattia del secolo che ti corrode dentro, lo Stato è consapevole e guadagna sulle sciagure degli altri. Che il Signore ci aiuti". Oggi, un anno dopo il suo personale inferno di "bugie e sotterfugi", Mario si racconta e fa una premessa:"Io sono un malato, un giocatore compulsivo. Lo sarò sempre anche se non gioco più. Perchè in ogni momento posso ricaderci. Anche se ho fatto molta fatica per uscirne. Perdere anche fino a 500 euro al giorno non si può definire semplicemente vizio. E' malattia allo stato puro. E' dipendenza fisica e mentale".

Perchè la definisce malattia?
Perchè quando non giochi, hai bisogno di farlo e se non lo fai stai male fisicamente. Ti alzi al mattino e pensi alle macchinette. Ci passi le giornate e le notti lì davanati. Certo, vincevo anche. Mille, duemila euro a colpo. Ma poi mi rigiocavo tutto. Continuare ad abbassare quella leva era più forte di me. Più forte di tutto. Non sono sposato e non ho figli. Ma mentivo a mia madre e ai mie fratelli. Che poi hanno scoperto tutto. Questa malattia è più subdola delle altre dipendenze come il fumo e la droga. Perchè apparentemente puoi nasconderla. Il giocatore vive nella menzogna e nel sotterfugio, cerca scuse per non dire agli altri dove si trova e cosa fa. Io mi sono fatto tanto male. Ho perso soldi e mi perso anch'io.

Cosa spinge lo scommettitore a giocare compulsivamente?
Il pensiero di recuperare ciò che hai perso. Ma il giocatore incallito non recupera mai, per quanto vinca. Ci sono persone che riescono a trattenersi e non spendere molto, ma ci riescono solo perchè non hanno fondi per continuare. Per mia fortuna, non ho fatto debiti, non ho chiesto soldi a nessuno. Ho solo sperperato i miei. Mi sono fermato quando ho prosciugato il conto in banca.

Giocano più gli uomini o più le donne?
Ultimamente più le donne, di tutte le età.

Cosa succede in un centro di auto aiuto?
Tutti si raccontano e gli altri ascoltano le varie esperienze per farne tesoro. Ho impiegato più di un anno per uscirne, perchè più volte sono crollato e ci sono ricascato. Basta un piccolo malessere per cedere, come per i fumatori la prima sigaretta dopo venti anni di astinenza. Anche il giocatore va in astinenza e soffre se non può scommettere.

Qual è stata la molla che l'ha spinta a dire basta?
Non avevo più un euro e non ce la facevo più. Gli amici del centro ascolto, don Luciano e la fede mi hanno aiutato ad uscire dalla dipendenza. Oggi ho trovato il mio equilibrio, non gioco neppure una schedina da due euro. Ma non dimentico che giocatori si diventa, ma giocatori dentro si rimane per sempre.
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domenica 29 luglio 2017
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