Tre giorni nell'inferno del carcere brasiliano con l'accusa di sfruttamento della prostituzione, poi la scarcerazione dietro cauzione e la piena assoluzione non aver commesso il fatto. Si è sempre dichiarato innocente, il commercialista originario di Cellino Attanasio ma residente a Roma, Umberto Cerqueti , sposato e padre di un figlio di 22 anni, che a quasi due anni dall'arresto, difeso da legali brasiliani, riceve la sentenza di assoluzione, datata 6 ottobre 2016 , dal tribunale giudiziario di Alagoas(Stato a nord est del Brasile con 3 milioni di abitanti), a firma del giudice Odilon Raimundo Maciel Marques Luz e chiede che il suo nome " così vilmente screditato, venga riabilitato di fronte all'opinione pubblica". Il professionista teramano, con 3 studi a Roma e uno a Montesilvano, in corso Umberto, ricostruisce minuziosamente la sua vicenda che, tra luci e ombre, ha inizio il 23 febbraio 2015 mentre si trovava a Maceiò, cittadina nello Stato di Alagoas, affacciata sull'Oceano Atlantico.
Cerqueti, perchè era andato in Brasile?
Ci vado, anzi, ci andavo spesso, per ragioni di affari, mi occupo anche di consulenze immobiliari. L’ultima volta sono andato perché dovevo promuovere, per conto terzi, l’affitto di alcuni appartamenti preferibilmente a uomini d’affari e, per fare ciò, ero stato consigliato da esperti del settore di inserire nel circuito web delle banche locali le offerte relative a questi immobili. Nel viaggio precedente di ottobre, avevo fatto la conoscenza in un istituto di credito locale, di una giovane dipendente esperta di web, mi rivolsi sempre a lei quel 23 febbraio 2015 offrendole l'opportunità di vedere gli appartamenti in questione che si trovavano all'interno di un residence e che sono amministrati da un amico col quale collaboro, per divulgare foto e notizie attraverso i siti internet, blog e social della banca stessa, allo scopo di proporli al grande pubblico.
Perchè pensò che alla dipendente bancaria potesse interessare la sua proposta di lavoro?
Perchè venni a sapere, parlando con lei, che eseguiva più lavori durante il giorno per potersi permettere di terminare gli studi. Quindi la mattina faceva tirocinio in banca e il pomeriggio studiava. Accettò il mio invito e mi diede appuntantamento per le ore 18 di quel pomeriggio, terminate le lezioni a scuola.
Arrivò all'appuntamento e ci recammo in questa palazzina, sorvegliata dalle videocamere. Arrivammo agli ascensori e con noi salirono due poliziotti delle forze speciali con cui scambiammo saluti e parole di circostanza. Alla vista degli agenti, ricordo che pensai: però, ci tengono molto alla sicurezza, da queste parti. Salimmo al quarto piano tutti insieme, i poliziotti andarono da una parte e noi dal verso opposto dove si trovava l'appartamento. Entrammo nel soggiorno e le dissi di cominciare a scattare foto, mentre io ebbi necessità di andare in bagno. Non passarono neppure dieci secondi che sentii battere con violenza alla porta:"Aprite o sfondiamo!". Mi risistemai e andai ad aprire. Mi trovai di fronte due uomini in divisa e incappucciati, non saprei dire se fossero gli stessi incontrati poco prima, perchè non riuscii a vedere i loro volti. Ero terrorizzato, pensavo di essere su "Scherzi a parte" e anche la ragazza, spaventata, si era rifugiata dietro un paravento.
Mi ordinarono di sedermi, uno dei due aveva in mano un pacco avvolto in un involucro nero, in seguito scoprii essere droga prelevata da un appartamento attiguo, dopo aver eseguito un blitz perchè era in corso una faida tra brasiliani e colombiani per spaccio di droga e usura, e urlavano: "Dove hai messo la droga, italiano?". E poi, rivolti alla ragazza:"Quanti anni hai?". Lei rispose 16. Io ero allibito, non pensavo fosse minorenne, in seguito scoprii che in Brasile è lecito e usuale lavorare in banca pur non essendo maggiorenni. Al che i poliziotti dissero:"Ora arrestiamo l'italiano pedofilo". Pensavano che io mi trovassi in compagnia di quella ragazza per sedurla, secondo l'accusa io avrei mandato foto di cibo e vestiti dall'Italia e fiori con promesse di viaggi e denaro allo scopo di arrivare ad atti sessuali (anche se fosse stato, tale condotta, secondo i giudici brasiliani non ha alcuna rilevanza penale) lei cominciò a piangere e si difese dicendo che io non l'avevo sfiorata neppure con un dito ed era vero. In seguito l'accusa sostenne che percepirono la differenza di età tra noi due in ascensore e forse ciò li avebbe indotti alla perquisizione nel nostro appartamento. Ciò che mi colpì è che i poliziotti dissero alla ragazza: la sua deposizione deve essere coincidente con la nostra testimonianza e non le succederà nulla, una dichiarazione che sapeva di artefatto.
Circolano notizie che entrambi siete stati colti sul fatto ed eravate nudi al momento dell'irruzione delle forze speciali.
E' un mistero come attraverso i muri e la porta chiusa, che ho aperto io dopo essere uscito dal bagno e ho pure firmato il verbale di perquisizione come riporta l'accusa, gli agenti potessero vedere delle persone nude. Peraltro al commissariato, qualche ora dopo, la ragazza è stata sottoposta a visita medica e non sono stati trovati segni di violenza sessuale.
Dopo la perquisizione è finito in manette?
Si, mi hanno ammanettato e quando siamo scesi in strada c'era una folla di giornalisti. Mi è preso il panico, immaginavo che la storia arrivasse in Italia e avevo timore per la mia famiglia. Ci condussero al distretto di polizia più vicino e mi annunciarono che sarei rimasto in stato di fermo perchè bisognava e capire se avessi tentato di convincere la ragazza a venire in Italia per prostituirsi.
La polizia intendeva appurare se io avessi locali notturni per far prostituire le donne in Italia. Ovviamente non ho locali nè in Italia nè all'estero e l'unica mia attività era quella di commercialista, risposi. L'unica ipotesi di reato per la quale ero indagato era favoreggiamento della prostituzione, non certo pedofilia, come si evince dal capo di imputazione. "Gringo" mi chiamarono, come vengono appellati gli stranieri lì.
E poi mi hanno chiuso in cella per tre giorni. In Brasile il carcere è un inferno, ho visto gente pestata a sangue e avevo paura di fare la stessa fine. Pensavo: morirò e non potrò spiegare alla mia famiglia la mia verità. Sono stato scarcerato dietro cauzione e ho atteso la sentenza del giudice che è arrivata un anno e mezzo dopo i fatti. Non c' è stato bisogno del dibattimento, è stato accertato che sono estraneo ad ogni addebito.
Chiederò un risarcimento danni allo stato brasiliano. E forse non tornerò più in quella terra. Con Amnesty International ho avviato una battaglia per tutelare i diritti dei detenuti contro i soprusi della polizia. Poi continuerò a fare il mio volontariato in Sri Lanka, a Mannar nel territorio Tamil, dove con un amico abbiamo aperto un orfanotrofio per 30 bambini e una scuola per cento studenti. Ora voglio che il mio nome torni pulito: per la mia famiglia, i miei dipendenti e clienti".
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