martedì 29 novembre 2016

QUASI NOVE ORE AL PRONTO SOCCORSO PER STECCARE IL DITO DI UN BIMBO

Otto ore e ventotto minuti di attesa nella stretta sala del pronto soccorso dell'ospedale di Pescara per fare una lastra e fasciare con una stecca il dito rotto di un bimbo di 12 anni che è tornato a casa con una prognosi di ventuno giorni. La denuncia di quel che viene definito disservizio sanitario arriva del papà Fabio Ranalli, pescarese, responsabile di una azienda di prodotti alimentari. E' lui stesso che racconta l'odissea di una giornata, sabato, trascorsa al pronto soccorso:"Uno scempio, un incubo- si infervora il padre del piccolo - siamo arrivati alle 11.20 e siamo usciti dall'ospedale alle 19.48. Mio figlio, benchè stanco e dolorante, è stato bravissimo. Ha affrontato le ore di attesa, tra pranzo e merenda, senza troppo lamentarsi accanto a me e la mamma che cercavamo di consolarlo e distrarlo dal dolore alla mano". Tutto è iniziato venerdi scorso quando il ragazzino, studente alla media Carducci, si è rotto il dito medio della mano destra mentre giocava a basket. Durante la notte tra venerdi e sabato, la mano del piccolo si è gonfiata, provocandogli un doloroso ematoma. "Il primo pensiero è stato di portarlo all'ospedale e non dal medico di famiglia- prosegue l'uomo- perchè la situazione si era ulteriormente aggravata. Subito ci hanno dato il codice verde e chiesto di rimanere in attesa. Man mano che le ore trascorrevano, però, altra gente ci è passata davanti più o meno con le stesse problematiche e abbiamo educatamente rispettato le urgenze. Alcuni dottori ci hanno detto: i bambini hanno la precedenza, ma mio figlio è riuscito a fare la lastra solo alle quattro del pomeriggio. Nella repubblica dominicana, dove sono stato in vacanza, il tempo di attesa per avere una prestazione sanitaria è di appena dieci minuti. Noi abbiamo aspettato quasi nove ore per mettere una stecca al dito. Inconcepibile. Il piccolo dovrà tenere la fasciatura una ventina di giorni, ma la farò togliere dal medico di famiglia, non costringerò mio figlio a passare un'altra giornata al pronto soccorso".
martedi 28 novembre 2016
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lunedì 28 novembre 2016

L'ASMA DA TEMPORALE PROVOCA MORTI E MALATI

A Melbourne, in Australia sono decedute sei persone, dopo essere state colpite dal cosiddetto fenomeno di "asma da temporale". Altre tre sono ricoverate in grave condizioni. L'allarme rimane alto dopo che oltre 8mila persone sono state ricoverate nei vari ospedali per accertamenti. Il violento temporale, accompagnato da pioggia e forte vento, ha causato la frammentazione del polline di loglio, le cui particelle allergeniche penetrano profondamente nei polmoni. Circa un terzo delle persone colpite non avevano mai avuto attacchi di asma e gli episodi hanno interessato sia adulti che bambini. L’asma da temporale si verifica di consueto in coincidenza nei periodi di massima concentrazione dei pollini allergenici in atmosfera. Il primo episodio registrato è avvenuto proprio a Melbourne nel 1987 e simili eventi si sono verificati anche in Usa, Canada Gran Bretagna. Nel 2004 in Italia, precisamente a Napoli, furono ricoverati in ospedale sette persone. Quello con il numero più alto di pazienti sino ad oggi, è quello che ha colpito Londra il 24 giugno del 1994 con 640 persone che sono finite in ospedale per asma. Per gli scienziati l’aumento esponenziale delle crisi di asma durante i temporali è dovuto al fatto che la forza dei fenomeni frammenta in piccolissime particelle i pollini che penetrano quindi in profondità negli alveoli polmonari, scatenando la violenta reazione. Tra l’altro nelle fasi iniziali i vortici d’aria possono risollevare i pollini formando un pericoloso aerosol che aumenta il rischio di crisi d’asma. 
lundi 28 novembre 2016
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sabato 26 novembre 2016

AKSEL NIKAJ: DAI BARCONI DELLA SPERANZA AL SOGNO DI DIVENTARE AMBASCIATRICE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI

All'asilo la chiamavano 'l'avvocato'. Da adolescente e' impegnata nelle lotte studentesche e da grande vuole diventare ambasciatrice dei diritti umani in Europa. La vita di Aksel Nikaj, 19 anni, pescarese di nascita ma di origini albanesi, liceo scientifico Da Vinci, e' costellata di impegni sociali e poca 'normalita'. Casa, scuola e
'politica'. Una dialettica disarmante per una ragazza della sua eta', che ha sempre desiderato 'aiutare gli altri' e ci riesce pure. Da anni sta lavorando alla creazione di un centro sociale giovanile, il 'primo a Pescara' (Abruzzo, Italy) a nome "Lo Spaz". Un impegno, tra i mille di ogni giorno, che porta avanti insieme ai ragazzi del Collettivo studentesco, di cui e' coordinatrice. Anzi, 'CMB, coordinatrice molto bassa (di statura), come mi hanno
soprannominato i miei compagni' scherza Aksel, il cui nome in greco significa 'qualcosa di prezioso' e in
armeno 'piccola quercia'.

Non si sente 'una leader' ma gesticola e parla, scandendo bene le parole, come se si trovasse su un palcoscenico davanti ad una folla in delirio. Nasce il 4 marzo 1997 all'ospedale di Pescara da
mamma Tatiana Careri, 57 anni, laurea in economia e finanza, impiegata nell'ufficio immigrazione del Comune di Chieti e papa' Vladimir Nikaj, 66 anni, titolare di una officina meccanica, che si diletta nei lavori artistici in ferro battuto. Sua sorella, Edlira, 36 anni, eredita la passione per l'arte. Studia al Misticoni e poi vola in Albania dove vive e lavora come architetto di interni. La sua famiglia e' originaria di Tirana, dove i genitori si sono
conosciuti prima di arrivare in Italia con uno dei tanti barconi della speranza. 'Papa' lavorava come tecnico attrezzista a Cinecitta' in Albania- racconta la studentessa- hanno vissuto la giovinezza sotto la dittatura di Enver Hoxha.


Pur di studiare, mamma andava contro le regole e rischiava. Leggeva i libri di nascosto, tutti in una notte, nelle sale della biblioteca nazionale aperte da un amico. Dopo un anno di fidanzamento, i miei si sono sposati ed e' arrivata mia sorella'. La dittatura finisce e il Paese e' allo sbando. 'A quel punto i miei
partono per raggiungere l'Italia. Mia sorella non dimentichera' mai che, durante la traversata, un 'onda assassina rapisce il bambino di una donna che urla, si dispera e vuole gettarsi in mare per recuperare il corpo inerme del figlio'. Una immagine potente che segnera' i sogni di Aksel bambina e che porra' le basi del suo
destino sempre proiettato verso i bisogni del prossimo. Prima destinazione, Bari. 'Edlira, che all'epoca aveva 11 undici anni e in Albania aveva frequentato un corso di italiano clandestino, aiuta i miei ad ambientarsi con la lingua. In casa, si parla albanese e italiano '.


Attraverso conoscenti, arrivano a Pescara dove oggi risiedono.
'Amo questa citta', in ogni angolo c'e' un pezzo della mia vita'. Ma 'comincia a starmi stretta, ho bisogno di fare sempre nuove cose e la mia vita non potrebbe mai essere diversa da questa, sempre attenta ai cambiamenti dei fenomeni sociali'. Dopo il diploma, vuole andare a studiare Scienze Politiche a Bologna prima di lanciarsi nel firmamento europeo. I suoi viaggi sono sempre 'finalizzati a portare avanti le cause umanitarie'. Barcellona, Budapest, Bruxelles, Londra, Grecia, ogni meta e' buona per lanciare un progetto contro la xenofobia o il razzismo. In vacanza va solo in Puglia, da dove la sua vita in terra italiana e' cominciata e in Albania, a far visita ai nonni Andronici e Thanas, originari di Valona e Saranda. Prossimo obiettivo, la Palestina 'per conoscere meglio la causa palestinese'. Studia 'storia, filosofia,letteratura, persino come funziona il vento, con puntiglio maniacale, analizzo i fatti col bisogno di darmicontinuamente risposte. All'asilo mi chiamavano l'avvocato perche' redimevo le dispute dei bimbi.

Gli attentati? La soluzione non e' una tabula rasa, l'America e l'Europa hanno le loro colpe, non e' una questione religiosa ma di indottrinamento folle, di ignoranza allo stato puro'. Difetti e pregi? 'Sono logorroica, emotiva, testarda e ipersensibile, parlare in pubblico mi fa battere il cuore a mille ma il collettivo, che frequento da sette anni, e' una palestra di vita, mi ha sbloccato, mi ha dato sicurezza e reso piu' forte. Non avrei potuto fare nulla senza i miei compagni che combattono le battaglie insieme a me'. Una di queste e', appunto, la realizzazione del centro giovanile insieme ai ragazzi di So.ha e 360. 'Con la campagna 'Dateci spazio', siamo riusciti a farci dare dalla Regione 40 mila euro per creare una struttura che possa ospitare gli studenti delle 14 scuole pescaresi. Un luogo di incontro per fare musica, pittura, musica, io canto e ballo hip hop. Finito il liceo, solo molto felice di lasciarla in eredita' a tutti gli studenti'. Il collettivo 'mi ha insegnato a tenere aperto il cuore', quel cuore 'libero attualmente da impegni amorosi, ma troppo occupato da tutto il resto'. E una vita normale fatta di cinema, teatro e aperitivi? 'Fortuna che ci pensano le mie amiche Mariangela, Heidi, Jessica, Giorgia, Imma,Marta e Clarissa a tenermi ancorate alla realta'. Sto spendendo i migliori anni della mia vita battendomi per le cause degli altri, ma non potrei mai vivere senza. Non pretendo di salvare il mondo-conclude Aksel Nikaj- so che moriro' avendo coscienza di non aver concluso i miei sogni, ma so che la mia vita non serve a me: l'ho messa al servizio di qualcosa di piu' grande'.
sabato 26 novembre 2016
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SIGARETTE ELETTRONICHE NOCIVE PER DENTI E GENGIVE

Sul posto di lavoro, al bar, a casa, la e-cig ha conquistato milioni di persone nel mondo. Ma per chi è passato dalle sigarette fatte di carta e tabacco a quelle elettroniche arrivano brutte notizie.  Secondo un team di ricercatori della University of Rochester Medical Center (New York, USA),anche inalare i vapori di queste ultime è assai nocivo per la salute, in particolare, per denti e gengive. Il dottor Irfan Rahman, Professore associato presso il Dipartimento di Medicina Ambientale, ha spiegato «Quanto e quanto spesso si fuma determina la mole di danno che si provoca all’interno della cavità orale». Secondo la scienza, dunque, anche le sigarette elettroniche andrebbero temute. Dal calore della bobina della sigaretta elettronica dipenderebbe la produzione di alcune sostanze chimiche nocive come l'acroleina, l'acetaldeide e la formaldeide. Il «motorino» delle sigarette riscalda il liquido contenuto nella cartuccia, che arriva in un dispositivo aerosol da cui i fumatori inalano il «vapore», talvolta aromatizzato. Il collega di Rahman, dottor Fawed Javed, analizza il problema esistente anche a livello molecolare e cellulare. «Sappiamo che alcuni aromi, più di altri, possono danneggiare le cellule ancora più delle comuni sigarette, irritandole e infiammandole», ha spiegato l’esperto. «È importante ricordare che le sigarette elettroniche contengono comunque nicotina, che contribuisce al danneggiamento di denti e gengive». Lo studio è stato pubblicato nella rivista scientifica Oncotarget e  verrà confrontato da altre ricerche scientifiche sugli effetti che queste sigarette hanno sulla salute, in particolare mirate ad una più vasta comprensione dei danni provocati dal fumo di sigaretta elettronica verso i denti e i tessuti del cavo orale. 
sabato 26 novembre 2016
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martedì 22 novembre 2016

ATTENZIONE ALLE TELEFONATE RUBA CREDITO: NON RISPONDETE A QUESTI NUMERI

Può capitare che, dopo aver ricevuto una chiamata da un numero apparentemente italiano, una volta risposto si senta la linea cadere immediatamente. Automatico richiamare il numero, ma, senza saperlo, si inizia a pagare fino a esaurimento del credito. La notizia dei numeri truffa, si legge su studiocataldi.it, era trapelata in rete diversi in mesi fa, grazie al tam tam mediatico degli utenti sui social e sui siti web, che avevano denunciato il numero ladro. La truffa si era poi estesa anche ad altri numeri telefonici, tanto da far intervenire la Polizia di Stato, che aveva intimato agli utenti di non rispondere alle chiamate dai numeri 'sospetti' e inserire i numeri segnalati in blacklist sullo smartphone, per tentare di aggirare il rischio di vedersi addebitati dei costi non quantificabili

La polizia sui propri canali social ha indicato diversi numeri, accomunati dal prefisso 02 che fa sospettare una telefonata da Milano, dando seguito alle segnalazioni pervenute nel periodo estivo: +39 02 692927527; +39 02 22198700; +39 02 80887028; +39 02 80887589 e +39 02 80886927.

Ma la lista dei numeri da cui arrivano le telefonate-truffa potrebbe essere ben più lunga. Tuttavia, a quanto sembra, rispondere non fa scattare immediatamente l'addebito: l'utente comincia a pagare se richiama il numero, cosa che è tentato di fare dato che questo sembra 'normale' e la comunicazione cade subito.
Un truffa talmente penetrante da aver provocato l'intervento dell'Autorità garante delle comunicazioni che ha aperto una istruttoria. Ad Agcom e agli operatori tuttavia, non è ancora chiaro come sia stato possibile violare la sicurezza delle reti per danneggiare gli utenti.
Oltre ad adottare le necessarie precauzioni per difendersi dalle chiamate incriminate (aggiungere i numeri segnalati alla blacklist, adottare cautela nel richiamare numeri sconosciuti, non rispondere in caso di telefonate sospette) che, tuttavia, non eliminano del tutto il rischio di cadere nel tranello, l'unica soluzione idonea a difendersi è quella di inviare una segnalazione all'indirizzo ufficiale dell'Agcom.
martedi 22 novembre 2016
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sabato 19 novembre 2016

LAAD: I PRIMI 25 ANNI DI LOTTA CONTRO LE TOSSICODIPENDENZE

Nel 2016 la Laad festeggia i primi 25 anni di attività. Inaugurata il 15 giugno 1991, la Lega Abruzzese Antidroga, comunità di recupero fondata da Gianni Cordova, 70 anni, sociologo pescarese di origini siciliane, ha salvato la vita di oltre 400 giovani tossicodipendenti, provenienti da tutta Italia, Canada e Venezuela. Attualmente nella struttura, situata in viale Bovio 293 a Pescara (Abruzzo, Italy), sono ospiti una ventina di persone di età compresa tra i 23 e i 55 anni,
che ogni giorno lottano per il reinserimento nella vita sociale, anche grazie all'aiuto di tanti operatori, un sociologo, un medico, quattro assistenti sociali, un counselor, un educatore per il recupero scolastico, un operatore socio assistenziale, un infermiere e altri collaboratori che rendono la comunità un luogo familiare e amico. Cordova dirige l'associazione con l'aiuto della moglie Vera e della figlia Margherita.

Cordova, quando e come iniziò l'avventura della Laad?
"Era il 1990, una notte sognai una scala. Al risveglio mi ricordai di aver visto nel 1979, quando ero presidente del quartiere 8 Zanni-Santa Filomena, una lunga scalinata all'interno di un edificio di
viale Bovio, questo per l'appunto, dove all'epoca era ubicato un consultorio, che restò operativo appena un anno, poi il degrado dell'edificio per un decennio. Lo stabile era abbandonato da tanto
tempo, così chiesi ai proprietari, la famiglia Muzii, di rilevarlo. Me lo concessero in comodato d'uso gratuito e iniziò questa lunga galoppata. Nel 1999, grazie a Pietro Barberini che ci ha concesso
altri locali attigui, abbiamo ampliato la sede fino ad arrivare al completamento dell'ala "Il Futuro" che comprende un enorme terrazzo di 500 metri quadrati intitolato allo scultore pescarese Vacre Verrocchio, inaugurati lo scorso anno. In questi spazi saranno ospitati corsi e lezioni per diventare buoni genitori, conferenze e convegni. E stiamo per aprire anche uno studio di
produzione che realizzerà cortometraggi socio culturali destinati alle scuole".

Una avventura che nacque casualmente, il germe della solidarietà attecchì nel 1973, quando lei conobbe Roberto, un giovane tossico pescarese deceduto anni fa.
"All'epoca lavoravo in banca, ma avevo bisogno di stimoli nuovi. Conobbi Roberto che aveva problemi con la droga, lunghi pomeriggi a chiacchierare con lui per tentare di risolvere i suoi problemi. Mi chiedevo come potessi aiutarlo, la Laad nacque dentro di me piano piano e lui fu il primo giovane ad entrare in comunità".

Lega Antidroga "abruzzese", ormai, dopo un quarto di secolo di attività, conosciuta a livello internazionale.
"L'abruzzesità di questa struttura è un marchio di fabbrica di qualità, per tale ragione non ho mai voluto cambiare questa denominazione, neppure quando la fama della Laad superò i confini regionali e nazionali".

Accadeva nel 1993, quando arrivò a Pescara il primo ospite da Toronto, Canada.
"Si chiama Paolo, figlio di italiani, poi arrivò Leo e poi altri, inviati dalla comunità Vitanova presieduta da Franca Carella, con la quale abbiamo avviato una serie di collaborazioni che mi hanno condotto, più volte, fino in Canada per parlare della nostra associazione all'università di York e tenere conferenze in Ontario".

Chi sono i giovani che si rivolgono alla Laad per riprendere in mano la loro vita?
"Sono ragazzi, come tanti, che hanno bisogno di emozioni sparate ai massimi livelli per sentirsi vivi. Sono vittime e, al tempo stesso, carnefici di se stessi, prigionieri fino alle estreme conseguenze di trappole che altri hanno abilmente progettato e costruito intorno a loro. Quando qualcuno arriva da noi, non mi chiedo perchè questa persona si droga, ma a cosa serve la droga a questa persona. Serve a sostenere una personalità che non regge alle pressioni della vita, un sostegno improprio come il divertimento senza allegria, la necessità di accedere a quote di emozioni sempre più alte a causa di una crisi di valori esistenziali. Il nostro compito è aiutarli ad uscire dai propri egoismi, per ricostruire le loro esistenze attraverso l'inferno dei loro vissuti".

Come si svolge la vita quotidiana di questi ragazzi all'interno della comunità?
A parte le sedute quotidiane con gli operatori sociali per ricostruire la loro identità e un equilibrio interiore che li condurrà a rifarsi una vita una volta usciti di comunità, la permanenza in Laad dura
due anni, i nostri ospiti svolgono numerosi compiti anche manuali, cucinano, preparano la tavola, curano l'orto, puliscono, fanno giardinaggio, le normali attività di una famiglia. Abbiamo fondato la "Laad cooperativa di servizi", attraverso la quale, i ragazzi hanno la possibilità di imparare un mestiere, come ad esempio andare in campagna a cogliere l'ulivo e ricavarne olio, senza dimenticare che il parco di Villa Sabucchi a Pescara è rinato grazie ai nostri interventi di sistemazione".

E proprio una Villa Sabucchi tirata a lucido è stata palcoscenico dei festeggiamenti per il venticinquennale, nel giugno scorso.
"Metti in circo il tuo amore" è lo slogan coniato dalla Laad per interrogarsi sul perchè la storia circense non abbia mai registrato casi di tossicodipendenza. Da questo concetto siamo partiti per
dare corpo ad una serie di iniziative con il circo Takimiri (in giapponese uomo della fune) fondato da Antonio Taddei, funambolo di origini marchigiane, scomparso anni fa. In questo contesto
abbiamo coinvolto, come sempre facciamo, anche le scuole e le tante associazioni di volontariato con le quali collaboriamo, Anffas, Missione Possibile, Agbe, Ceis, Mensa di San Francesco, Caritas
e tante altre. Una delle particolarità della nostra associazione, situata peraltro nel centro cittadino, è il continuo relazionarsi con la popolazione. La comunità svolge una funzione di "portierato sociale": i giovani vivono in comunità ma vivono la città attraverso le tante attività di reinserimento che promuoviamo e sperimentiamo".

A chi ha voluto intitolare il Ciattè D'oro, prestigioso riconoscimento assegnatole lo scorso anno dall'amministrazione comunale?
Alla mia famiglia, mio padre Arturo e mia madre Concetta, che nel 1934, molti anni prima della mia nascita, arrivarono a Pescara da Catania, la allora lontanissima Catania, per ricostruirsi un futuro.
Si trasferirono a Pescara perchè mio padre, quando la vide un giorno, disse:"Questa è la città dell'accoglienza e del futuro" e il Ciattè d'Oro toccò le mie più intime corde. Lo interpretai come un
sigillo dato anche al figlio per il padre, per la mia famiglia che ebbe questa felice intuizione. Questa è la mia città e spero che continui ad essere, nel futuro, città dell'accoglienza come ogni giorno accoglie tanti giovani in difficoltà che quando arrivano iniziano ad amarla e non vogliono più andare via".

Da presidente della Laad e di Federsed, servizi per le dipendenze di Abruzzo, Molise e Marche, il suo appello alle istituzioni è: non dimenticate mai il mondo del volontariato e al settore delle dipendenze patologiche?
E' un settore che si porta dietro un corteo di dolore, di disastri economici, di spaccature familiari, di alimenti alla malavita.Insieme al presidente nazionale di Federsed, Fausto D'Egidio, ci siamo
posti l'obiettivo di costruire una rete di servizi pubblici per migliorare le strategie per l'ottenimento di fondi e attenzioni da parte delle amministrazioni locali alle quali chiediamo di prestare amore profondo al mondo del volontariato perchè esso combatte l'oscurità dei tanti parchi dell'infanzia resi bui e pericolosi dalle solitudini e dagli egoismi.
sabato 19 novembre 2016
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venerdì 18 novembre 2016

ECCO COME SI OTTIENE LA PENSIONE DI INVALIDITA'

L'iter per l'ottenimento della pensione di invalidità, circa 300 euro mese fino a 65 anni, è complesso e articolato. L'approvazione passa attraverso le certificazioni dei medici di famiglia, le valutazioni delle commissioni Asl e i responsi dell'Inps. Una serie di passaggi burocratici, che sfociano nell'ottenimento del compenso, a seconda del reddito, da parte del richiedente, dopo mesi di attesa e che non possono essere condizionati in alcun modo da interventi esterni.
Dal 1° gennaio 2010 le domande per il riconoscimento delle condizioni di invalidità civile, handicap, disabilità e leggi connesse - ai sensi della Legge 102/2009 - devono essere inviate alla sede provinciale Inps, esclusivamente per via telematica, direttamente dal cittadino anche tramite i patronati e le associazioni di categoria dei disabili, ad esempio Anmic, Ens, Uic, Anfass.
Enrico Lanciotti, presidente dell'Ordine provinciale dei Medici chirurghi odontoiatri e membro della settima commissione bis della Asl, spiega l'iter procedurale per l'ottenimento della pensione di invalidità.

Come si dà avvio al processo di accertamento dello stato di invalidità civile?
L’interessato deve recarsi da un medico certificatore, che di norma è il medico di famiglia, e chiedere il rilascio del certificato attestante l'esatta natura delle patologie invalidanti e la relativa diagnosi. Il medico curante può segnalare anche se il paziente versa in condizioni di salute tali da non essere in grado di deambulare o compiere gli atti quotidiani della vita in modo autonomo (indennità di accompagnamento, circa 500 euro mese). Una volta ricevuta la documentazione, l'Inps avvia la procedura per l'attivazione di una commissione Asl, composta da un medico legale, un medico del lavoro, un medico componente, un assistente sociale per la valutazione della 104 (permessi retribuiti), un medico legale designato dall'Inps. Il paziente, se lo desidera, può farsi accompagnare dal suo medico di fiducia (accade nell'1 percento dei casi) il quale può presenziare alla visita di valutazione del soggetto da parte della commissione che in seguito invierà gli incartamenti all'Inps. L'Inps, in seguito, potrà riservarsi di richiamare il soggetto a ulteriori accertamenti oppure comunicherà al paziente la percentuale di invalidità riscontrata, fino al 100 percento.

Entro quanto tempo il paziente viene chiamato a visita davanti alla commissione Asl?
In tempi brevissimi, entro due settimane se il soggetto presenta patologie gravi o e' in pericolo di vita, altrimenti sarà chiamato entro 30-60 giorni.

A quanto ammonta l'esborso economico da parte del paziente per avviare l'intero procedimento burocratico?
Circa una cinquantina di euro, quale onorario del medico curante per certificazioni a pagamento.

Una parte di questo compenso è destinato alle commissioni?
Assolutamente no.

Il medico di fiducia può chiedere un compenso per l'assistenza del paziente in commissione?
E' legittima la richiesta di un compenso commisurato all'impegno profuso per l'occasione.

Il medico di base ha possibilità di seguire, controllare o condizionare l'iter procedurale per l'ottenimento della pensione di invalidità?
In nessun modo ciò può accadere.
venerdi 18 novembre 2016
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mercoledì 16 novembre 2016

CORTE COSTITUZIONALE SU FAMIGLIA: AI FIGLI COGNOME MATERNO QUANDO I GENITORI SONO D'ACCORDO. L'UFFICIALE DI STATO CIVILE NON POTRA' OPPORSI ALLA VOLONTA' DELLA COPPIA.

Sentenza storica: stop all’attribuzione automatica del cognome paterno ai nuovi nati quando i genitori non sono d’accordo. Lo ha stabilito la Consulta accogliendo la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova, dichiarando l’illegittimità della norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo, in presenza di una diversa volontà dei genitori. Il caso in esame davanti ai giudici di Genova riguarda un bambino, nato nel 2012, che ha cittadinanza italo-brasiliana e che, dunque, finora è stato identificato con nomi diversi nei due Stati. 
Sulla decisione del giudice delle leggi, ha pesato con ogni probabilità la condanna emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a carico dell’Italia perché l’impossibilità di derogare alla regola del patronimico è discriminatoria verso le donne. E in precedenza si ricorda un’ordinanza della Cassazione che già nel 2008 chiedeva di sciogliere il nodo. Nel 2006 la Consulta aveva dichiarato inammissibile la questione sostenendo che la soluzione del problema spettasse al legislatore pur definendo l’attribuzione automatica del cognome del padre un «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia». La regola del patronimico era desumibile  da alcuni articoli del codice civile, da un regio decreto del 1939 e da un decreto del presidente della Repubblica del 2000. Vittoria per i genitori del bambino  che ha cittadinanza italiana e brasiliana, per cui è identificato con un nome diverso nei due Stati: la controversia è promossa dalla coppia  dopo il no dell’ufficiale di stato civile di apporre al figlio, nato nel 2012, anche il cognome della mamma. Ora l’impiegato dell’anagrafe non potrà più rifiutarsi di fronte alla volontà dei genitori: la norma cade per la violazione dell’uguaglianza e la pari dignità dei genitori. La decisione della Corte costituzionale rappresenta una svolta: risale a quasi quarant’anni orsono la prima proposta in Parlamento per poter dare ai figli il cognome della mamma. Si discute da anni, inutilmente, su ciò che,invece, dovrebbe essere la regola: se i figli sono di mamma e papà, dovrebbero avere d'ufficio i nomi di entrambi. Il resto è solo una antiquata concezione patriarcale che mai doveva mettere radici. 
mercoledi 16  novembre 2016
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martedì 15 novembre 2016

TAZZINE DI CAFFE'? OLTRE 5 AL GIORNO PROVOCANO ANSIA E MAL DI STOMACO

Caffè la mattina, il caffè espresso dopo un buon pasto, o anche la tradizionale tazza di thè a "merenda",... siamo quasi tutti (più o meno) dipendenti dalla caffeina. Se per molti la caffeina è uno stimolante o un elemento essenziale per iniziare la giornata, secondo i ricercatori dell'Università del John Hopkins, un sovradosaggio può causare " ansia, problemi di stomaco o sbalzi d'umore". Per l'autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), si consiglia di non consumare più di 400 mg di caffeina al giorno (la dipendenza sarebbe posizionata sopra i 600 mg al giorno). Nel frattempo, il sito britannico della Metro.co  consiglia di non consumare  dosi eccessive che devono restare al di sotto dei 400 mg di caffeina al giorno. Stiamo parlando di 5 espressi (80 mg di caffeina per tazza) o 12 lattine di Coca Cola (34 mg). Una tazza di caffè filtro all'americana, preparato mediamente macinato, contiene 180 mg di caffeina (secondo il sito Web di Passport salute), che circoscrivono il consumo a due tazze al giorno. La caffettiera, la dose di caffeina per tazza (di 237 ml) contiene 118 mg (che consente tre tazze). Il famoso marchio pubblicizzato da George Clooney conterrebbe tra 50 e 90 mg di caffeina per dose di caffè (che si limita a più o meno cinque capsule al giorno). 
martedi 15 novembre 2016
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LA STELE DANNUNZIANA CADE A PEZZI

Pescara.
La Stele dannunziana cade a pezzi e per ristrutturarla occorrerebbero almeno 350 mila euro. I vigili del fuoco, per ragioni di sicurezza,  hanno transennato il monumento dedicato al Vate e apposto sulla rete di protezione un cartello giallo eloquente: caduta materiali. I materiali sono i pezzi di cemento che si staccano e giacciono,  ben visibili,  alla base del parallelepipedo  che si snellisce sempre più in cima e  che costeggia il teatro D'annunzio.  Dall'Ente Manifestazioni Pescaresi, rivelano che "nei decenni scorsi gli scalatori abusivi con i loro scarponi chiodati hanno scolpito il cemento mettendo a nudo i tondini metallici dell'armatura". Ma, ancor di più ha fatto la salsedine marina che negli anni ha corroso la stele monumentale, alta 63 metri e costruita nel 1963 per celebrare il centenario della nascita di Gabriele D'annunzio, e "causato la caduta di numerosi pezzi di conglomerato" al punto che "i vigili del fuoco, per ragioni di sicurezza, hanno disposto l'installazione di una rete protettiva intorno alla base". Rete di protezione, attualmente circondata  da decine di sedie di plastica sbiadite  accastate una sull'altra, da usare all'occorrenza per manifestazioni culturali all'aperto nello spazio verde antistante.   Il Comune, titolare della concessione del complesso monumentale, ha in animo da tempo la ristrutturazione della stele, ma mancano i fondi necessari. Come conferma l'assessore alla Riserva dannunziana  Paola Marchegiani:"Servirebbero almeno 350 mila euro per la riqualificazione della Stele,il Comune non ha fondi e io, quando avevo la delega  al Patrimonio,   avevo chiesto aiuto al Fai (Fondo Ambiente italiano) regionale. Con i miei colleghi di giunta ci impegneremo per salvare il monumento. Intanto lo scorso anno abbiamo fatto ripulire gli interni, invasi da sterco di piccioni,  da un gruppo di speleologi di una impresa di Moscufo ed è stata ripristinata  sulla sommità la luce di segnalazione per gli aerei. La stele è  stata costruita in cemento armato e i geroglifici, che rappresenta la simbologia delle opere dannunziane, sono stati realizzati dallo scultore  toscano Arturo Dazzi" scomparso nel 1966. Nel 1963, anno di costruzione, la stele è stata illuminata dall'imprenditore pescarese Sergio Simoncelli che ora, alle porte di Natale,  vorrebbe ripetere l'operazione. Nel frattempo Marchegiani annuncia che uno dei prossimi interventi, il bando di partecipazione uscirà a breve, sarà illuminare gli esterni del  museo Cascella.   
martedi 15 novembre 2016
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domenica 13 novembre 2016

IL TATUAGGIO NEGLI OCCHI: LA NUOVA PERICOLOSA MODA DEGLI ITALIANI

Si tratta di una nuova tendenza: “eyeball tattoo”, il tatuaggio del bulbo oculare che i più coraggiosi se lo fanno disegnare con inchiostro indelebile. Il metodo del tatuaggio è lo stesso come al solito, sono solitamente piccoli, semplicemente perché non c'è il posto necessario per farli grandi. Questa forma di tatuaggio viene realizzata iniettando dell’inchiostro nella sclera, la parte bianca dell’occhio,per mezzo di un ago. La pratica, diffusa soprattutto in Australia, Stati Uniti e Brasile, ha ora trovato degli stimatori anche in Italia. "Ancora una volta, siamo costretti a registrare queste strane ma anche pericolose mode,  rileva lo Sportello dei Diritti, più volte siamo intervenuti sulla pericolosità dei tatuaggi in generale, per i quali autorità sanitarie di altri paesi sono intervenute nel recente passato a proibire l’utilizzo di determinate pigmentazioni perché contenevano sostanze tossiche ed addirittura cancerogene. Possiamo, quindi, solo immaginare che conseguenze devastanti per la propria salute possano derivare a chi, osa tanto e se li fa fare agli occhi e invitare coloro che hanno intenzione di “provare” a lasciar perdere. L’occhio è uno degli organi più delicati e per questo è sicuramente il posto sbagliato per un tatuaggio. Le congiuntiviti sono assicurate e sussiste un «grosso» rischio di danni retinici che possono portare anche alla cecità".  
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LA PRIMA FEBBRE LASCIA TRACCE INDELEBILI SUL SISTEMA IMMUNITARIO

Uno studio su 18 diversi ceppi del virus dell'influenza condotto presso la University of Arizona a Tucson e la University of California, Los Angeles e pubblicato sulla rivista Science ha spiegato che la ''prima febbre non si scorda mai''. Secondo l'analisi fatta dal team di ricercatori, la prima febbre lascia un'impronta indelebile sul sistema immunitario che determina la nostra capacità di reagire a altre influenze per tutta la vita. Per gli esperti i virus dell'influenza sono tutti diversi tra di loro ma hanno una cosa in comune, la proteina emoagglutinina (HA), una molecola molto conservata esposta sulla capsula che racchiude il virus che somiglia a un 'lecca lecca'. Questa molecola ha una funzione importante nella formazione delle difese immunitarie contro l'influenza, perché è su di essa che prendono forma gli anticorpi prodotti dall'organismo. Gli scienziati hanno visto che nei diversi ceppi di influenza esaminati ricorrono sempre le stesse due forme di HA, HA blu e HA arancione. Osservando campioni di soggetti di diverse età gli esperti hanno notato che tutti coloro che sono nati prima del 1968 hanno difese immunitarie contro i ceppi influenzali contrassegnati da HA blu, in quanto da piccoli sono subito venuti in contatto con i virus che presentavano questa molecola (gruppi virali H1 or H2 e H5 aviaria). Invece i nati dopo quella data sono immunizzati contro i virus che espongono HA color arancio perché da piccoli hanno incontrato per primi ceppi influenzali contraddistinti da questa molecola (gruppi virali H3 e H7 aviaria). 
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LE API ITALIANE PRODUCONO PIU' MIELE E SONO MENO AGGRESSIVE

ll miele, uno degli alimenti più antichi del mondo, di cui oggi l’Italia è leader, fa parlare di se' anche per originali iniziative come quella che potrebbe rivelarsi una ricerca innovativa sulle api, che sono allevate da tribù dei villaggi negli stati himalayani per sostenerne le riserve di zuccheri ed energia durante il lungo e arido periodo invernale himalayano oltre per integrare il loro reddito. Ma d’altra parte, per il miele e per le api, sentinelle dell’ambiente e fondamentali per la vita umana con il lavoro di impollinazione che svolgono in agricoltura, sono abituate a trovarsi in posti quanto meno insoliti. Un team di ricercatori del Dipartimento dell'agricoltura indiana con base ad Almora, ha scoperto che le api italiane, che producono tre volte di più il miele delle api indiane e sono meno aggressive, possono sopravvivere ad alta quota a temperature basse. Si sa che il miele prodotto dalle api italiane è congenito al clima più caldo dell'Italia continentale tanto che sino ad oggi si pensava che non fossero in grado di produrlo con climi più rigidi. Johnson Stanley, uno scienziato associato al Dipartimento indiano per l'agricoltura di Vivekanand Parvatiya Krishi Anusandhan Sansthan (VPKAS), coautore della ricerca nella regione himalayana del nord-ovest, ha spiegato: "Il nostro obiettivo era quello di trovare dei modi per rendere l'apicoltura più orientata al profitto. La nostra ricerca ha cancellato il mito che le api italiane non possono sopravvivere al di là di un'altezza di 1000 metri. Gli esperimenti che abbiamo condotto presso l'Azienda Sperimentale Hawalbagh di Almora, ad un'altitudine di 1250 metri sopra il livello del mare, hanno dimostrato che le api italiane sono in grado di sopravvivere a questa altitudine. In realtà, erano sopravvisute nella fattoria sperimentale negli ultimi otto anni. " La ricerca è stata effettuata su una colonia costituita da oltre 30.000 api. Mentre le api indiane possono produrre da 2 a 3 kg per colonia, le api italiane possono produrre da 8 a 10 kg di miele per colonia. "Api italiane sono molto più produttive, ma sino ad oggi gli apicoltori indiani delle colline avevano evitato di allevarle a causa della presunta  inidoneità ai climi più rigidi. L'unico problema con queste api è che hanno bisogno di cure extra che le api indiani non richiedono ", ha inoltre spiegato Stanley. Il Prof. Dibakar Mahanta, altro scienziato associato alla ricerca, ha aggiunto: "Quando la stagione dei fiori è finita, le api dipendono per il cibo proprio dal miele. Le api italiane sono più grandi in termini di dimensioni e terminano il loro miele più velocemente. La loro dieta deve essere pertanto integrata con cibi alternativi come lo zucchero e nettari di fiori. Allo stesso tempo, poichè sono meno aggressive, devono essere protette dai predatori come le vespe. Queste sono solo alcune precauzioni che devono essere prese per proteggerle, ma il rendimento ottenuto grazie a loro sono molteplici come grandi quantità di miele prodotto che a lungo termine può garantire una fonte economica per integrare il reddito degli agricoltori delle colline ". 
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venerdì 11 novembre 2016

MARISA DEL CASTELLO : C'E' UNA SOLA DONNA ALLA GUIDA DEI TAXI DI PESCARA

C'è una sola donna alla guida dei taxi di Pescara: è Marisa Del Castello, 43 anni, origini molisane di Trivento ma residente a Montesilvano. Da aprile 2015 è ufficialmente tassista della compagnia Cotape, cooperativa Radiotaxi Pescara, dopo 17 anni di impiego come addetta alle vendite al Mercatone uno. "Quando l'azienda dove lavoravo ha sospeso l'attività- racconta la signora dei taxi pescaresi- e io mi sono ritrovata disoccupata. E' stato il mio compagno, Massimo Gonfalonieri, a cedermi la licenza, dopo aver deciso di cambiare mestiere. Cosi' ho preso tutti i certificati di abilitazione alla professione, ho superato un esame alla Regione per ottenere la qualifica ufficiale, quindi l'iscrizione al ruolo conducenti e subito ho iniziato a lavorare". Circa un anno fa, la prima corsa a bordo di uno dei 40 mezzi della compagnia, il taxi numero 30:"Ho trasportato una signora in via Chieti e quando mi ha vista è rimasta piacevolmente sorpresa. Questo lavoro mi piace tantissimo e sono felice- sottolinea più volte Marisa Del Castello, madre di Marika, 14 anni- ma certo può essere anche pericoloso e pensando a mia figlia che mi aspetta a casa, cerco di non restare fuori fino a tardi. Di solito, l'ultimo turno lo finisco intorno a mezzanotte. Per fortuna non mi è mai accaduto nulla, ma questo è un mestiere dove si può rischiare la vita se si fa salire in auto la persona sbagliata". A tal proposito, la tassista coglie l'occasione per rimarcare il fatto che non esiste, per la categoria, una regolamentazione di emergenza in caso di pericolo. "Con i colleghi abbiamo deciso un codice tutto nostro di intervento- spiega Del Castello- e siccome a bordo dei mezzi non si possono installare telecamere a causa della privacy, è necessario, però, dotare i taxi di tasti Sos o di dispositivi di allerta generale sia verso i colleghi impegnati in altri turni, che verso le forze dell'ordine. Per precauzione, comunque, tengo sempre accanto a me una bomboletta spray antiaggressione al peperoncino. Non intendo usarlo, ma rappresenta sempre un'arma di difesa, mi fa sentire sicura". Ogni giorno tanti chilometri da macinare, da un capo all'altro della città, tante vite da incrociare e altrettante storie da raccontare. "Tra i miei clienti ci sono tante donne che esultano quando mi vedono al volante, si sentono rassicurate e usano con me toni confidenziali come se si confidassero con una amica". Un aneddoto tra tanti? "Una signora che mi ha chiesto di accompagnarla a fare shopping- rammenta Marisa- l'ho attesa durante i suoi giri e al ritorno mi ha lasciato una lauta mancia, non posso dire quanto, ma la cifra era davvero generosa. Non dimenticherò mai quel gesto di cortesia". Gentile, garbata, di bell'aspetto, unica donna tra 39 colleghi maschi:"Sto benissimo con loro, verso di me hanno un senso di protezione e mi aiutano tanto sul lavoro. Forse con altre donne non avrei avuto lo stesso feeling, sarebbe scattata subito la competizione". Tra i consigli del suo compagno, ex tassista " non discutere mai, nè con i colleghi, nè con i clienti". Il sogno della signora Del Castello è che "il taxi diventi un mezzo di trasporto di uso più frequente e comune". E se qualcuno vuole contattarla direttamente perchè preferirebbe una donna al volante di un taxi?"Si può fare, non è certo vietato, ma non è corretto nei confronti dei colleghi". 
cinzia cordesco

DONATO CARLO ZOTTA: COSI' CURIAMO I TUMORI CEREBRALI

Quattrocentocinquanta interventi neurochirurgici nel 2015, con un aumento di settanta operazioni rispetto all'anno precedente, su pazienti, tra cui centenari e bambini, provenienti, oltre che da tutta la regione, anche dall'alto Molise, Marche e Lazio con copertura di un bacino di utenza di circa 600 mila abitanti. Ottanta tumori cerebrali trattati, venti spinali e settanta ernie del disco; ottocentocinquanta consulenze mediche verso gli ospedali della Asl teatina e della Val Pescara. Sono i numeri che emergono dalle attività degli ultimi tempi dell'unità operativa neurochirurgica dell'ospedale Santo Spirito di Pescara, diretta dal primario facente funzioni Piero Iovenitti. Il coordinamento dell'interventistica operatoria è curato da Donato Carlo Zotta, 55 anni, lucano di Potenza, da sei anni a Pescara dopo undici trascorsi nell'ospedale aquilano. Il reparto, nato nel 1970, situato al primo piano ala nord, conta 22 posti letto e 18 elementi, tra infermieri e personale di supporto, seguiti dal caposala Amedeo Santacroce. "Non facciamo miracoli- commenta Donato Carlo Zotta, una lunga esperienza di lavoro anche in Germania-ma stiamo ottenendo grandi risultati sul territorio, e anche oltre confine, grazie a professionisti validi e tecnologie altamente all'avanguardia". Un "sistema telematico di trasmissione immagini e dati consente all'unità neurochirurgica pescarese- prosegue Zotta- di scambiare consulenze con i nosocomi di Lanciano, Vasto, Popoli e Penne". Per sconfiggere i tumori cerebrali viene utilizzato un "neuronavigatore che consente di ricercare le lesioni all'interno del cranio e intervenire sulla patologie con un margine di precisione molto alto. Un microscopio con fluorescenza ci permette di capire se il tumore è stato asportato per bene". Tra le patologie spinali e traumatiche più trattate, le ernie del disco con settanta interventi negli ultimi tempi, ma c'è molta richiesta su operazioni ai tunnel carpali e cubitali che riguardano mani e braccia. Due tra gli interventi più delicati, l'idrocefalia "il cui versamento di liquido all'interno del cervello- spiega il coordinatore delle attività chirurgiche, laureato nel 1985 a Napoli, università Federico II- può provocare cefalee, disturbi del movimento, demenza" e la cranioplastica, otto interventi nel 2015, che consente "la ricostruzione della teca cranica con materiali plastici biocompatibili realizzati su misura del paziente in Svizzera, Germania e Stati Uniti. Nel reparto, previsto un apparecchio per la risonanza magnetica intraoperatoria che permette di fare esami diagnostici in sala operatoria e a cranio aperto. Tra i 22 posti letto, due sono riservati al monitoraggio del paziente, nel postoperatorio. Una soluzione resa possibile grazie alla collaborazione con il reparto di rianimazione diretto da Tullio Spina. Gli interventi neurochirurgici durano tra le due e le otto ore " e il tasso di mortalità in sala operatoria è pari a zero". Molti pazienti sono anziani, "alcuni centenari" precisa Zotta, ma "il nostro reparto è anche punto di riferimento per la neurochirurgia pediatrica". 

ACHILLE LOCOCO: ECCO LE NUOVE TECNICHE NON INVASIVE DI CHIRURGIA ROBOTICA

Centinaia di  interventi di chirurgia robotica effettuati in pochi mesi dall'equipe di Achille Lococo, direttore del dipartimento di chirurgia toracica dell'ospedale Santo Spirito di Pescara. Nel dettaglio, si contano 42 operazioni di chirurgia toracica, 36 di chirurgia generale, 26 di ginecologia, 5 di otorino, 4 di chirurgia pediatrica e 3 di urologia. Dati  resi noti nel corso di un convegno, che ha riunito specialisti da tutta Italia, organizzato in collaborazione con il dipartimento materno-infantile diretto da Pierluigi Lelli Chiesa e dal dipartimento di emergenza urgenza diretto da Tullio Spina.  Due 
anni fa il taglio del nastro della struttura e  "dopo un paio di mesi di corsi di formazione per l'uso delle nuove tecnologie microchirurgiche con i robot azionati dai medici- spiega Achille Lococo, coordinatore del gruppo multidisciplinare di chirurgia robotica-oggi forniamo risultati  che sono al di sopra delle nostre aspettative. Questo tipo di chirurgia è altamente innovativa,  non invasiva e permette di agire sui pazienti  con microincisioni sulla pelle". Lococo, 61 anni, calabrese di Maropati, fondatore 17 anni fa del reparto di chirurgia toracica, è a capo di un dipartimento con 23 reparti , diecimila interventi l'anno, 100 medici e 300 infermieri, "ma ne servirebbero almeno altri cento" per rispondere a tutte le esigenze dell'utenza proveniente anche da fuori regione. Il luminare è anche responsabile del Centro Studi Screening del Tumore Polmonare ed è stato incaricato dalla società nazionale di chirurgia toracica di tracciare le linee guida  che regolamenteranno questo tipo di interventi in Italia e che serviranno a "tutelare le professionalità e gli stessi pazienti". Il centro studi pescarese fa parte di  quattri centri a livello nazionale coordinati da Giulia Veronesi, figlia dell'oncologo Umberto, scomparso di recente, specializzata nella chirurgia robotica e bioscreening, un test di diagnosi precoce del tumore polmonare. "Grazie a queste sofisticate tecnologie-commenta Lococo- siamo in grado di identificare anche tumori di pochi millimetri. Ogni cinquanta Tac scopriamo un nuovo caso di tumore polmonare, con 170 interventi effettuati dal 2002. Nel prossimo futuro riusciremo a scovare un cancro al polmone anche solo grazie ad un prelievo del sangue". Lo screening, denominato Cosmos 2,  avviato circa 5  anni fa con la partecipazione di 700 volontari, quasi tutti abruzzesi e forti fumatori, si concluderà  quando saranno resi noti i risultati dell'intera indagine a cui hanno collaborato la clinica Pierangeli, l'istituto diagnostico di Lanciano e Claudio D'Archivio, radiologo di Giulianova, ma non la Asl di Pescara per assenza di fondi Lea, livelli essenziali di assistenza. L'indagine è stata realizzata con fondi Lasmot, Lega di sostegno del malato oncologico, pari a ventimila euro. 
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mercoledì 9 novembre 2016

CECILIA GUIDI, SFOLLATA DAL TERREMOTO DEL FRIULI A PESCARA: IL THE' E' LA MIA PASSIONE

'Il segreto di una vita ben bilanciata e' avere una tazza di the' in una mano e un libro dall'altra'. E' la filosofia di Cecilia Guidi, da due anni alla guida de I giardini del the', in via Nicola Fabrizi a Pescara (Abruzzo, Italy). E' una sala da the', ma anche un 'piccolo tempio della cultura'. Nei locali, colorati di rosso, verde e grigio, si respirano gli odori di quaranta tipi di the' in foglia provenienti da Cina, India e Giappone; si degustano alimenti a km zero, speziati con curcuma, curry e anice stellato; ci si delizia il palato con biscottini belgi, scozzesi, inglesi, cioccolato Centini di Bisenti, marmellate siciliane e succhi di frutta trentini. Un luogo di sapori e saperi, dove si impara che il the' 'si assapora meglio col salato, come usano gli inglesi, che col dolce', come usano gli inglesi, e si chiacchiera amabilmente nel salottino riservato anche alla lettura. Si organizzano pranzi e cene vegane e vegetariane, aperitivi cenati con spettacolo di flamenco e mostre fotografiche, eventi di varia natura. Ma come e' nata l'idea di una sala da the' a Pescara? 'E' nata per gioco e per caso - racconta Cecilia Guidi, 45 anni, nativa di Udine, con mamma slovena, Maria Abate e papa' Giampiero, pescarese di via Genova- mi sono iscritta ad un corso a Chieti per rafforzare la mia antica passione sulla storia della cioccolata e del the'. Terminate le lezioni, ho deciso di aprire il locale e ci sono riuscita con l'aiuto della mia famiglia e un finanziamento di Sviluppo Italia'. Nel locale, aperto tutti i giorni dalle 10 alle 15 e dalle 17 alle 20 si degustano, a colazione, pranzo e cena, menu' dai 6 agli 8 euro compreso di primo e secondo ,accompagnati, oltre che dal the', anche da caffe', latte di soia e bevande al cioccolato. 'Il nostro piatto forte e' il risotto rosso di Vercelli cucinato con l'essenza del the' anticolesterolo- spiega Guidi, che vive a Pescara dal 1976 a seguito dello sfollamento del terremoto in Friuli- i pescaresi amano gli infusi aromatizzati e io li propongo insieme ad una breve storia del the'. Le miscele poi, si possono anche acquistare o regalare'. Tanti gli appuntamenti in cantiere periodicamente nella sala della signora del the'. Saranno riproposte le 'cene vegane e vegetariane, organizzate in collaborazione con la naturopata Roberta Guidi, che tanto successo hanno avuto insieme alle lezioni dei nutrizionisti e psicologi sulle emozioni del cibo'. 'I giardini del The', citato anche dalla guida Slow Food 2015, è anche salotto letterario. Ma nel frattempo, lo spazio della cultura ospita oltre centotrenta libri da leggere da soli o in compagnia. 'Chi vuole- suggerisce Cecilia Guidi, un passato da imprenditrice negli agriturismo , madre di Giampiero e Giulia, di 18 e 17 anni- puo' ampliare la nostra biblioteca portandoci in regalo altri volumi'. In cambio, i donatori saranno ricompensati con una tazza di cioccolata fumante.
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martedì 8 novembre 2016

GIUSEPPE COSTANZA: "ECCO COME E' MORTO GIOVANNI FALCONE"

GIUSEPPE COSTANZA, L'AUTISTA DEL MAGISTRATO UCCISO A CAPACI:"NESSUNO MI HA MAI PERDONATO DI ESSERE VIVO"

'Domenica notte ho sognato Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo. Si trovavano in una grande casa che si trasformava in tribunale, lui indossava un berretto di lana che non portava mai e lei girava per le stanze in vestaglia. In questi 23 anni ho sempre desiderato che il magistrato mi venisse in sogno, mi parlasse anche se non ricordo le sue parole nel sogno, si facesse vivo con me, ma non era mai accaduto finora. Forse e' un segno per il Paese, forse sta per succedere qualcosa'.  Cosi' profetizza il sopravvissuto Giuseppe Costanza, 68 anni, l'autista  del giudice saltato in aria nella strage di Capaci il 23 maggio 1992, silenziosamente presente al 23°convegno nazionale dell'Unms, Unione nazionale mutilati per servizio, svoltosi a  Montesilvano, provincia di Pescara.  Sa di essere un miracolato, ma 'nessuno mai, in questi anni, a partire dalle istituzioni, mi hanno mai perdonato di essere vivo'. La mattina della strage,  'Giovanni Falcone mi chiamo' a casa alle sette.  Mi chiese di andarlo a prendere all'aeroporto di Punta Raisi nel pomeriggio, in arrivo dalla capitale. Era euforico come quando, qualche giorno prima quando mi disse:' e' fatta, guidero' la procura nazionale antimafia. Appena sceso dall'aereo, Falcone si mise al volante della Croma bianca per stare accanto alla moglie, perche' lui guidava solo quando c'era lei. Io ero seduto sui sedili dietro. Eravamo diretti verso  casa sua,  ma pochi attimi prima che il tritolo ci investisse, mi disse che lui doveva proseguire, andare ad una riunione con altri magistrati, ma non spiego' dove e con chi. Quindi gli chiesi quando sarei dovuto tornare a prenderlo, lui rispose:'lunedi' mattina' e gli feci una richiesta:' Allora appena arriva a casa cortesemente, mi dia le mie chiavi in modo che io lunedì mattina possa prendere la macchina. Inavvertitamente pero', forse sovrappensiero, lui stacco' le chiavi dal quadro, l'auto rallento' e tutto cio' che ricordo e' che mi sono risvegliato in ospedale con milza e intestino lesionati. Ecco perche' anch'io, oggi , sono un invalido per servizio e rappresento la delegazione palermitana dell'associazione, seppur talvolta con qualche divergenza di pensiero'.  I ricordi cari si intrecciano nella mente. Comprese le simpatiche scaramucce col giudice Falcone:'Fumava sempre in macchina, io protestavo ma lui rispondeva: il fumo ammazza mosche e zanzare'. Dice di essere in guerra con le istituzioni, Costanza, 'perche' da sempre mi hanno fatto pesare di essere un sopravvissuto. Mi sento in colpa per essere vivo. In tutti questi anni non sono mai stato invitato  a parlare ai convegni sulla legalita'. Dopo mesi di convalescenza, a seguito dell'attentato 'tornai al lavoro al tribunale di Palermo, ma da subito venni retrocesso nelle mansioni. Prima portiere, poi dattilografo, quindi reinserito nei ranghi dopo aver vinto un concorso come esperto informatico'.  Seguono  'anni tremendi, impossibili da sopportare per il clima di diffidenza che si era venuto a creare intorno a me', quindi la resa. Nel 2004 abbandona il tribunale, lascia Palermo con moglie e tre figli e si trasferisce ad Altavilla, una trentina di chilometri piu' lontano. Oggi e' in pensione,  'gioco con i nipotini', ma 'non ho mai dimenticato. Non  meritavo il trattamento umiliante che alcuni servitori dello Stato mi hanno riservato' dopo la morte di Falcone. Costanza e il magistrato si conobbero una settimana dopo la sua entrata in servizio come dipendente del tribunale palermitano. 'Mentre svolgevo i miei lavori, Falcone mi passo' davanti per una settimana, scrutandomi. Prese informazioni su di me.  Poi mi fece chiamare in ufficio e mi disse di volermi affidare l'incarico di autista. Accettai con orgoglio. Per otto anni mi sono sentito la morte addosso. Paura? Piu' che altro, si viveva in costante tensione, conscio che qualcosa potesse accadere prima o poi. Il mio unico rimpianto e' essere sopravvissuto, avrei preferito essere morto. Ma se Falcone fosse vivo la mafia sarebbe sconfitta, perche' aveva capacita' e volonta' per batterla'. 
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