martedì 31 gennaio 2017

MARIA ELISA MISSAGLIA: SOPRAVVISSUTA A TRE CAMPI DI STERMINIO E AL "DOTTOR MORTE" JOSEF MENGELE

Aveva solo 25 anni, Maria Elisa Missaglia, quando fu arrestata a Lecco dai tedeschi, deportata in Europa e sopravvissuta a tre campi di sterminio
nazisti, Mauthausen (Austria); Auschwitz (Polonia) e Ravensbruck (Germania). Quando tornò a casa, dopo 19 mesi trascorsi nei lager, dal marzo 1944
all'ottobre 1945, e dopo aver incrociato persino lo sguardo del dottor Morte Josef Mengele, pesava 29 chili e aveva resistito al desiderio di buttarsi nel filo spinato elettrificato per porre fine alle sue sofferenze. Il prossimo 31 gennaio saranno trascorsi 15 anni dalla morte, a 83 anni, di Maria Elisa Missaglia, originaria di Lecco (Lombardia), sposata nel 1946 con il pescarese Gabriele Giurastante, deceduto nel 2006 e madre di tre figli, Rita, Antonella e Biagio. Con la famiglia abitava ai Colli. Madre e moglie esemplare, decenni dopo i lager decise di rompere il silenzio e raccontare la sua verità di internata numero 76147 nel libro scritto tredici anni fa dalla figlia Antonella insieme alla docente (all'epoca, studentessa universitaria) Flavia Florindi. Nel 2001 insieme a Ermando Parete e Luigi Varrasso, entrambi scomparsi e sopravvissuti a Dachau e Buchenwald, ricevette la medaglia d'oro consegnata ai tre deportati dalla Provincia di Pescara, all'epoca guidata da Giuseppe De Dominicis. Come si sopravvive a tre campi di sterminio? Maria Elisa ci riuscì "solo grazie al pensiero del dolce viso della mia mamma"Giuseppina Rusconi, moglie di Enrico Missaglia, caporeparto di una fabbrica lecchese per la trafilatura dei fili in acciaio dove lavorava come operaia e dove fu arrestata dai fascisti il 7 marzo 1944 durante uno sciopero proclamato dal Comitato di Liberazione nazionale. Erano le 10 del mattino. Suo padre tentò di strapparla alla ferocia dei questurini ma i tedeschi gli puntarono un mitra alle spalle. Dal quel momento iniziò il suo inferno. In treno fino a Bergamo, poi, prima fermata a Mathausen:"Ci dicevano di non preoccuparci perchè saremmo tornate a casa presto, ma fummo sistemate accanto a scheletri. Ci ordinarono di spogliarci, rimanemmo nude davanti alle SS
che ci guardavano, che umiliazione. Nella stanza accanto ci arrivavano le urla delle persone che stavano torturando". Qualche giorno dopo, di nuovo in
viaggio verso Auschwitz passando per le prigioni viennesi. Nel campo polacco le venne tatuato il numero sul braccio sinistro 76147 e il 7 divenne il suo
numero sfortunato: arrestata il 7, deportata il 17 , liberata il 27 ottobre 1945 da Auschwitz dove subì ogni genere di vessazioni psicologiche e fisiche:"
Dalla doccia con l'acqua bollente che diventava di colpo ghiacciata al taglio dei peli, ci tagliuzzavano provocandoci ferite infette. Le kapò donne che ci
controllavano erano più feroci degli uomini, noi italiane venivamo disprezzate, calunniate, ci chiamavano puttane, ci prendevano a legnate, infilavamo le
mani nel fango e rubavamo patate, rape, fave e cicoria selvatica, mangiate crude per sopravvivere". Missaglia non dimenticò mai di Auschwitz
(Oswiecim, in polacco) la sveglia di soprassalto in piena notte, gli appelli al gelo, ore e ore in piedi sotto la pioggia e chi sveniva veniva eliminato
all'istante. Alle donne, il ciclo mestruale veniva bloccato "con degli strani intrugli mischiati al cibo". Un supplizio quotidiano, come la convivenza con la
paura di diventare cavie per gli esperimenti dei dottori della morte, come Mengele:"Era un bel giovane, aveva un aspetto distinto e non sembrava un criminale". Ultima tappa, la prigione femminile di Ravensbruck prima della liberazione, 72 anni fa e il ritorno alla vita "una vita normale se non fosse stato per i campi di sterminio".
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martedi 31 gennaio 2017
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venerdì 27 gennaio 2017

GERIATRIA PESCARA: "L'OSPEDALE NON DIVENTI UN LUOGO DOVE SI VA A MORIRE"

Quando in famiglia si ammala un anziano, si diventa tutti un pò più fragili. Il primo pensiero è salvargli la vita. Spesso, come accade per i malati terminali, l'ultimo alito di vita. Ma come? Portandolo in ospedale. Perchè dell'ospedale ci si fida, in ospedale si guarisce. Un atteggiamento mentale che, però, se da un parte allevia le sofferenze fisiche dei pazienti e quelle morali dei familiari che sentono il proprio caro al sicuro, dall'altra va ad alimentare il sovraffollamento tipico di reparti come Geriatria e Medicina, perennemente intasati. E lo saranno sempre di più in futuro perchè la popolazione geriatrica è in costante aumento rispetto alle nascite. Reparti dove troppo spesso si ricorre al corridoio come facile scorciatoia per "parcheggiare" i malati allo scopo di evitare loro gli strapazzi di un trasferimento fuori reparto, fuori ospedale o, addirittura, fuori regione. Per la verità, c'è da dire anche che spesso sono gli stessi pazienti a rifiutare i trasferimenti e preferire l'umiliante corridoio ad uno spostamento che li costringerebbe lontano dalla città dove si trovano i propri affetti. Senza contare i costi di un paziente, 400 euro al giorno, a carico dell'azienda sanitaria. Troppo spesso i degenti di età avanzata che vengono portati in ospedale anche sono per una banale influenza, complicata da altre patologie, muoiono. Restano solo pochi giorni allettati e poi muoiono. Nel 2016 sono stati 1951 i ricoveri al reparto di Geriatria del nosocomio pescarese e 483 decessi. Una persona su quattro non muore a casa. Un dato lievemente in calo rispetto al 2015, conseguenza dell'entrata in vigore del provvedimento governativo sul taglio di 18 mila posti letto.
"E' vero che della struttura ospedaliera ci si fida ed è anche vero che i familiari di un malato nutrono sempre la speranza che l'ospedale compia il miracolo- analizza Rossano Di Luzio, dirigente medico della direzione sanitaria del Santo Spirito che auspica altri posti letto non solo a Pescara, ma in tutta la regione, per i malati geriatrici e di medicina - ma l'ospedale non può diventare un luogo dove si va a morire. Soprattutto, per quanto riguarda i malati terminali. Il mio appello alla comunità è che, in certe circostanze, quando i miracoli non li può fare neppure l'ospedale, si consideri la possibilità di una morte serena del proprio familiare in un ambiente caro come la casa. Si tenga conto del desiderio espresso da queste persone di morire nel proprio mondo. Secondo i nostri dati, una persona su quattro muore in ospedale, la tendenza è non far morire i familiari a casa". Un appello che ha lo scopo di limitare gli ingressi in corsia, per contrastare l'annoso sovraffollamento di cui soffrono reparti sensibili come Geriatria e Medicina nei quali in questi giorni l'azienda sanitaria ha potenziato l'organico con una decina di operatori socio sanitari in più, rispetto a quelli ordinari. Per quattro mesei, infatti, sono stati assunti cinque interinali a Geriatria e quattro a Medicina. Il lavoro di affiancamento degli Oss al personale infermieristico permetterà una migliore assistenza dei degenti che hanno bisogno di essere puliti e lavati continuamente, di avere la somministrazione dei farmaci nei tempi prescritti e non con con ore di ritardo, di avere il cambio della flebo nell'immediato senza rimanere per lunghi minuti con la cannula attaccata al braccio.
"Questi reparti- prosegue Di Luzio- hanno sempre un indice di occupazione che sfiora il 100 percento e spesso supera tale percentuale. La soluzione che adottiamo, preferendola ai corridoi, è appoggiare i degenti negli altri reparti della struttura, che però, ovviamente, vanno in affanno. Peggio è che troppe volte non riusciamo a trasferire i degenti non solo negli ospedali della Asl, ma neppure in quelli della regione perchè anch'essi sono pieni. E sono stracolme anche le residenze sanitarie che invece ci permetterebbero un anticipo di dimissioni. Questa è la situazione, possiamo pensare ogni volta che siamo in emergenza, di trasferire il malato fuori regione?. Sarebbero necessari altri posti letto sia a Geriatria che a Medicina non solo a Pescara, ma negli ospedali di tutta la regione". Altre soluzioni? "L'assistenza domiciliare funziona ma è ancora da potenziare, così come l'assistenza sociale e i distretti sanitari". Quanto ai medici di base, Di Luzio si toglie un sassolino dalle scarpe:"Il territorio deve funzionare meglio anche attraverso i medici di famiglia che non possono permettersi il lusso di quattro giorni di ponte, come accaduto la settimana dell'Epifania e come spesso accade, costringendo gli utenti a rivolgersi ai pronto soccorso che scoppiano con più di 200 accessi al giorno, come tanti reparti ospedalieri". Infine, Di Luzio, in questi giorni impegnato a fronteggiare l'emergenza sanitaria dell'hote Rigopiano, rivolge un ringraziamento " a tutto il personale coinvolto che si sta comportando in maniera encomiabile e con larga disponibilità di turni accessori".
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venerdi 27 gennaio 2017
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martedì 24 gennaio 2017

ICTUS: SALVI GRAZIE ALLA TROMBOLISI SISTEMICA


Oltre 200 persone, tra i 16 e gli 80 anni, sono state monitorate e salvate, dopo un attacco di ictus, grazie alla trombolisi sistemica. Si tratta di una terapia che si somministra per endovenosa altamente all'avanguardia e sperimentata con successo da otto anni nell'Unità di Terapia Neurovascolare
 (anche conosciuta come Stroke Unit, settimo piano ala sud dell'ospedale civile ) diretta da un anno da Gabriele Lombardozzi,61 anni, pescarese, reumatologo fisiatra con specializzazione in medicina osteopatica e agopuntura. Il reparto, fondato nel 2008 dall'attuale manager Asl Armando Mancini che lo ha diretto fino all'anno scorso per poi passare il testimone a Lombardozzi, conta più di 500 ricoveri l'anno (i pazienti arrivano anche dal chietino e dal Molise) per nove posti letto (ieri pomeriggio c'erano 12 malati tra i 45 e i 70 anni) per patologie legate alla diagnosi e alla cura dell'ictus cerebrale in fase acuta. I pazienti, seguiti da una equipe di 5 medici e 16 unità tra infermieri specializzati e operatori socio sanitari, vengono controllati h24 da una serie di monitor posti accanto al letto e attraverso un cervellone centrale che tiene sotto controllo, momento per momento, ogni parametro vitale del degente.
Dottor Lombardozzi, che cos'è l'ictus, come si manifesta e come si previene?
"L'ctus è una malattia acuta cerebrale che deriva dalla occlusione (ictus ischemico) o dalla rottura (ictus emorragico) di una arteria. Si tratta di un evento talvolta drammatico o fatale. E' possibile che i sintomi regrediscano o che rimanga una invalidità di grado variabile. Entro le prime ore il rischio di mortalità dipende dal tipo di lesione, dalla sua estensione e localizzazione. Il soggetto colpito da ictus ha difficoltà a parlare, presenta disturbi visivi, non riconosce le persone, ha una riduzione della sensibilità degli arti, ha difficoltà di deambulazione. La prevenzione avviene tenendo sotto controllo i
fattori di rischio: ipertensione, fumo, diabete mellito, ipercolesterolemia".
Come funziona la trombolisi sistemica? Questa terapia può essere applicata a tutti i pazienti?
"No, ci sono molte variabili nell'applicazione della terapia che può essere altamente a rischio, financo mortale. Quindi è necessario che debba essere decisa dal medico guardando ai parametri del momento del paziente sotto monitoraggio. La terapia si applica per endovena, col tempo di infusione di un 'ora, entro le quattro ore e mezza dall'insorgenza dell'ictus, poi è troppo tardi. Si procede iniettando un farmaco attivatore della plasmina che viene
dosato a seconda del peso corporeo del paziente. L'effetto è immediato, ma in alcuni casi lo scioglimento del trombo avviene nell'arco di quattro ore e si può intervenire, anche contemporaneamente, per aspirazione del coagulo. La terapia risveglia, riattiva, le cellule cerebrali inibite e il paziente può
tornare subito a nuova vita".
I monitor posti accanto ai pazienti che funzione hanno?
"Una funzione importantissima perchè attraverso essi, e il controllo costante di una centralina posta nella sala infermieri che sono altamente qualificati per lo svolgimento di questo compito, possiamo monitorare momento per momento, la pressione arteriosa, l'elettrocardiogramma, la saturazione dell'ossigeno, la frequenza cardiaca, la respirazione. Una spia rossa ci segnala eventuali allarmi per effettuare tempestivi interventi sul paziente".
Altri particolari attenzioni riservate ai degenti?
"Particolare attenzione viene riservata a quanti presentano difficoltà nella deglutizione, per queste persone si pratica l'alimentazione per mezzo di sondino nasogastrico. Per coloro che hanno deficit motori significativi viene attuato un protocollo di posizionamento a letto e di riabilitazione precoce sotto il controllo del terapista ".
Questi i nomi dello staff di Lombardozzi: Maria Ciarniello, Francesco Di Blasio, Antonio Latorre, Michelina Solferino; coordinatore infermieristico Alessio Sichetti; fisioterapisti Alessandro Primavera e Grazia Sassano e due radiologi interventisti. Il 17 e 18 marzo prossimi nell'aula magna del Rettorato di Chieti si svolgerà un convegno organizzato da Lombardozzi in cui si discuterà , tra gli altri argomenti, del crescente ictus in età giovanile.
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martedi 24 gennaio 2017
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martedì 17 gennaio 2017

UN BALNEATORE PESCARESE ORGANIZZA IL PRANZO PER I POVERI IN RIVA AL MARE. UN CLOCHARD: "AIUTATEMI A RITROVARE MIA FIGLIA"

"L'ho fatto col cuore e voglio rifarlo ogni anno". Un gesto spontaneo, dettato dall'animo e quindi ancora più prezioso, il pranzo per 65 poveri della mensa di San Francesco organizzato da Giampiero Di Benedetto al Tahiti beach, il suo stabilimento sul lungomare della riviera nord. Tra i senzatetto che 
hanno degustato cannelloni, fritture di pesce e panettone, c'era Nicola, un 63enne pescarese, di origini pugliesi, che ha lanciato un appello:"Aiutatemi a
ritrovare mia figlia che ho abbandonato quando aveva un anno". Renato Paesano e padre Bonaventura Febbo, che nel 1987 hanno fondato insieme la
struttura di piazza Francesco adiacente il convento della parrocchia di Sant'Antonio, hanno ringraziato il balneatore per la sua "opera generosa" . E
ricordato il cammino che li ha portati fin qui:"Quando abbiamo iniziato- raccontano Paesano e padre Bonaventura che vorrebbero creare anche un
dormitorio- i poveri erano solo una trentina, il primo pasto lo organizzammo nelle sale del convento. Poi aprimmo la sede attuale, ma è ancora troppo
piccola per ospitare tutti. La mensa distribuisce più di un centinaio di pasti al giorno agli indigenti di ogni età (c'è anche un nonnetto di 94 anni) tanti
italiani ma anche stranieri, marocchini, romeni, africani. E' aumentato il numero delle donne che si rivolge a noi per un pasto caldo da asporto per la
famiglia , l'ultima si è presentata stamani, laureata e con due figli, ci ha chiesto di aiutarla a cercare un lavoro come badante". Giampiero Di Benedetto
ha intenzione di ripetere l'iniziativa ogni anno. "Perchè l'ho fatto? Cosi mi sentivo, volevo organizzare un pranzo di Natale già dall'anno scorso, ma non è
stato possibile". La sua è una solidarietà che non si è espressa in un solo giorno, ma va avanti tutto l'anno perchè periodicamente consegna alla mensa di San Francesco un carico di derrate alimentari. Tra gli ospiti del pranzo al Tahiti, c'era Nicola, che da tutta la vita vive il tormento di non aver potuto veder crescere la figlia Melania, abbandonata quando aveva un anno. "Mia moglie ed io ci siamo sposati che avevo 18 anni e lei 17- racconta l'uomo nato a San Severo, nel foggiano- quando è nata la bimba, io sono andato via per divergenze familiari. Non l'ho vista crescere, oggi è una donna di
44 anni, ho perso i suoi anni migliori, ho perso tutto e ora vorrei solo rivederla". Nicola gestiva una azienda edile a San Severo, poi la situazione familiare
è precipitata e si è trasferito a Pescara per fare il venditore ambulante. Dopo tanti lavori saltuari, è finito nella rete di persone poco raccomandabili che "
mi hanno fatto firmare carte per amministrare alcune imprese, invece non solo non ho preso un euro ma mi sono fatto pure venti mesi di carcere". E'
uscito dal San Donato a settembre e la sua vita è ripresa sulla strada, dove vive da almeno dieci anni, frequentando ogni giorno la mensa di Paesano. Dice di essere "pieno di acciacchi e malattite", ma un solo desiderio lo tiene in vita:"Riabbracciare mia figlia, aiutatemi a trovarla".
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sabato 14 gennaio 2017
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RICERCATORI SVIZZERI TESTANO UNA NUOVA TERAPIA CONTRO LA LEUCEMIA

I ricercatori dall'Università di Berna in Svizzera, sono riusciti a identificare un anticorpo in grado di frenare la proliferazione di cellule staminali leucemiche che causano tumori del sangue. Se i test, che sono attualmente in corso, sono positivi negli esseri umani, questa scoperta, prima nel mondo, aprirà la strada ad un futuro farmaco che permetterà la lotta contro questa terribile malattia. Lo ha annunciato  il portavoce dell'Università. Le cellule staminali leucemiche resistono alla chemioterapia, alla radioterapia e alla maggior parte dei medicinali disponibili. L'équipe di Adrian Ochsenbein, dell'Università e dell'Inselspital di Berna, ha scoperto che l'interazione tra due molecole nominate CD70 e CD27 provoca una forte proliferazione di queste cellule staminali. I ricercatori  hanno quindi sviluppato un anticorpo specifico che inibisce questa interazione, hanno riferito i ricercatori sul "Journal of Experimental Medicine". Le cellule staminali ematopoietiche sane non vengono toccate. L'anticorpo ha mostrato risultati promettenti in occasione di test preclinici per frenare l'evoluzione della malattia. Uno studio clinico deve ora iniziare con un gruppo-pilota di pazienti, viene precisato.
mercoledi 18  gennaio 2017
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giovedì 12 gennaio 2017

CAKE DECORATOR: COME IMPARARE UN MESTIERE LAVORANDO LA PASTA DI ZUCCHERO

Come imparare un mestiere lavorando la pasta di zucchero per diventare cake decorator. L'alta pasticceria italiana diventa sempre più americaneggiante  e con un pò talento, fantasia e buona manualità   ci si può inventare un lavoro a qualsiasi età. Dal 2011 ad oggi, la Sweetest school, sorta cinque anni fa a Pescara da un'idea di Lorenzo Renzetti e Simona Miramare, rispettivamente esperto di marketing e organizzatrice di eventi, ha formato più di 700 pasticceri "cake decorator". "E molti di loro- spiega Renzetti- sono riusciti a fare della loro passione il proprio futuro con l'apertura di pasticcerie e bakeries oppure diventando docenti e consulenti di importanti marchi di settore. Tra gli ultimi  diplomati, Gianluca Rucci di Vasto che aprirà la sua pasticceria a gennaio  e Rosy Calder arrivata da Inverness in Scozia, che inaugurerà un locale nella sua città". Ed è stata allieva della cake school pescarese prima di far ritorno nel suo Paese. Gli altri neo diplomati dell'ultimo corso sono: Cristian Carluccio, Sandrina Catania, Ilaria D'Attilio, Nefertari Di Cianni, Chiara Marinelli, Alice Mincone, Lucia Pacella, Chiara Pistilli, Simona Grasso e Alessandra Camplone.  Tra i tanti corsisti della Sweetest "molti hanno partecipato a concorsi nazionali e internazionali- prosegue Renzetti- sono ben 15 le medaglie vinte dagli alunni che fanno della nostra scuola la più medagliata d'Europa a testimonianza dell'alta qualità dell'insegnamento con un corpo docente d'eccezione". Tra cui Laura Daluiso, stella nascente del cake design e vincitrice del Vintage Freak Circus al cake festival 2016; Lucia Simeone, artista della wafer paper in finale per l'Edible Artist Global Awards 2016 nella categoria wedding cake; Mary Presicci, Award 2016 come miglior docente di settore e vincitrice di numerosi Cake international; Mario Romani, tra i più contesi docenti di tecniche di aerografia; Sergio Signorini, maestro pasticcere, cioccolatiere, gelatiere e decoratore; Mario Ragona, volto  noto della tv per aver partecipato a Dolci dopo il tiggì e La prova del cuoco di Rai 1; Gennaro Volpe, campione italiano di pasticceria e due torte Gambero Rosso; Anna Rosa Maggio, reduce da un Oro al cake international di Birmingham; Gina Vitucci, vice campionessa al campionato italiano cake design 2016 e Marco e Davide, i red carpet cake design, docenti specializzati nell'uso della ghiaccia reale. Inoltre, la Sweetest, sta ampliando il suo corso formativo anche in cucina. Con lo chef Giovanni Gandino, volto noto del programma "Detto, fatto" condotto da Caterina Balivo su Rai2, sta organizzando corsi di panificazione e pizza con lievito madre e alta digeribilità, il prossimo inizierà il 27 gennaio 2017. Mentre dal 13 al 24 febbraio si svolgeranno nuovi corsi su cak design, iscrizioni sul sito www.sweetest.it. "Il cake design, sdoganato in Italia  dalla trasmissione televisiva Il boss delle torte- conclude Renzetti- era un 'arte con la  quale le pasticcerie più tradizionaliste italiane avevano eretto un muro perchè troppo innovativo. Contemporaneamente, però, un numero sempre crescente di appassionati contribuiva alla sua divulgazione. Gli eventi ci hanno dato l'input  alla creazione del corso "Professional Pastry e cake design school" by Sweetest eventicucina. Siamo stati tra i primi in Italia a creare la figura  professionale del cake decorator che propone  sbocchi di lavoro sicuri". Il piano didattico della Sweetest si compone di 80 ore di formazione partendo dalla chimica e dalla costruzione delle ricette, per poi, in seguito, affrontare tecniche di decorazione con pasta di zucchero, ghiaccia reale, gumpaste (coperture, royal icing, fiori, pittura su torta), più ulteriori ore dedicate alla specializzazione del cake decorating.   
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giovedi 12 gennaio 2017
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mercoledì 11 gennaio 2017

A QUANDO, IN ITALIA, UNA LEGGE SULL'ASSISTENZA SESSUALE AI DISABILI?

Un tabù in Italia, ma non nel resto d’Europa. Si tratta dell’assistenza sessuale ai disabili, un servizio del quale se n’è parlato e se ne parla pochissimo in Italia - come se i nostri concittadini fossero degli angeli asessuati privi di pulsioni sessuali - che proprio nei giorni scorsi ha riacceso un dibattito in Germania ove l’attività è in parte già regolamentata, ma alcune forze politiche spingono per garantirne l’assistenza gratuita quantomeno per i più bisognosi. "I finanziamenti per l'assistenza sessuale sono concepibili per me", ha detto Elisabeth Scharfenberg dei Verdi tedeschi al "Welt am Sonntag". Tuttavia, il tutto sarà deciso a livello locale. "I comuni potrebbero individuare consigli e concedere aiuti a tali offerte", ha detto l’esponente politica. Nei Paesi Bassi, questa offerta è disponibile per i pazienti da diversi anni. Vi è la possibilità di ottenere i servizi di assistenti sessuali e di vederne pagate le prestazioni a carico del welfare. Tuttavia, l'interessato deve dimostrare attraverso un certificato medico di non essere autosufficiente sessualmente, e non si ha la possibilità di pagare il servizio. In Austria, l'assistenza sessuale è già offerto da organismi privati. Le offerte sono rivolte sia a uomini e donne con disabilità fisiche o mentali, che hanno bisogno di cure, ma anche persone senza handicap. Gli operatori però, devono essere pagati, privatamente.I primi Servizi di Assistenza Sessuale nascono negli anni Ottanta in Germania e Paesi Bassi: l’attività in questione consiste in prestazioni sessuali e di «tenerezza» da parte di assistenti con una formazione. In Italia una petizione online aveva rilanciato l’esigenza di una regolamentazione  Nella petizione, secondo lo Sportello dei Diritti che ritiene l'assistenza sessuale  ai disabili un diritto innegabile, si legge che l’assistente sessuale “è uno specialista con una formazione psicologica, sessuologica e medica, in grado di aiutare le persone con disabilità a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale, di conoscenza del proprio corpo: come è permesso a qualunque persona”. In Italia un disegno di legge è stato presentato nel 2014 e assegnato alla Commissione igiene e sanità del Senato: a oggi risulta ancora fermo. Tra i primi firmatari ci sono il parlamentare Sergio Lo Giudice e la senatrice Monica Cirinnà. Il progetto di legge prevede l’istituzione di una professionalità complessa e delicata, che richiede molta empatia e una buona dose di preparazione: gli aspiranti love giver, così vengono definiti in inglese gli assistenti sessuali, dovranno prima di tutto partecipare a un corso di formazione, per poi superare un esame e essere iscritti in un albo pensato per i disabili e le loro famiglie, con un costo contenuto e a loro carico.
giovedi 12 gennaio 2017
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martedì 10 gennaio 2017

QUANDO LA BEFANA DI ERIBERTO ARRIVAVA DAL CIELO E DAL MARE

"Quando mio padre mi disse che voleva diventare una Befana che arrivava dal mare facendo sci d'acqua e dal cielo con l'elicottero per regalare doni ai bambini e ringraziare le tante autorità del mare che ogni giorno salvavano vite umane, pensai: è matto. Subito non approvai, la ritenevo una iniziativa di basso profilo, invece quella sua pazza idea risultò vincente e nella sua follia, riuscì anche a renderla elegante e di tendenza. Infatti, stiamo pensando di riproporre una Befana di Eriberto nel 2018, decimo anniversario della sua morte " annuncia Anita Mastromattei, secondogenita (dopo Erminio) dello storico balneatore morto a 77 anni il 20 ottobre 2008 dopo un anno di coma a seguito di un incidente stradale avvenuto nel settembre 2007. Suo fratello Luca, figlio della seconda moglie Renata Iacone e chef del ristorante Pescion, ricorda il guizzo imprenditoriale del padre nell'organizzazione di quelle celebri Befane di Eriberto iniziate ai primi Anni Novanta: "Riusciva a coinvolgere nell'impresa tutti i suoi amici facoltosi e nessuno mai gli negava un dono da mettere nelle tante calze che preparava non solo per i bimbi ma anche per le autorità. Cominciava due mesi prima a telefonare per raccogliere i regali e quando arrivava al porto turistico o in altri luoghi della città per distribuirli , si presentavano in migliaia. Molti doni li nascondeva in pacchi di riserva, per non deludere i bambini ritardatari che piangevano disperati perchè volevano la loro calzetta piena di dolci e regali". Ancora, Anita:" Già da ottobre papà cominciava a chiamare i Saquella, i Santomo, i D'Amico del Parrozzo, quelli della Coca Cola, mobilitava amici, conoscenti, fans adoranti, coinvolgeva la Capitaneria di Porto, la Guardia di Finanza, i carabinieri e i vigili del fuoco che gli mettevano a disposizione l'elicottero da dove lui si calava nelle acque gelide. La prima volta dal ponte Risorgimento, dove nel 1962 si tuffò con la moto, fece sci d'acqua lungo il canale e arrivò al porto turistico col suo carico di doni. Le sue bizzarie, come quella di farsi prestare l'elicottero, gli venivano sempre perdonate perchè lui era sempre il primo a mettere a generosamente a disposizione i suoi mezzi nautici, dal gommone al motoscafa, per salvare le persone che rimanevano impigliate nei canali e tra le rocce o per andare a riprendere i morti annegati al largo. Quando ancora non c'era ancora a Pescara la squadra sommozzatori, chiamavano sempre mio padre per queste operazioni, tra gli Anni Sessanta e Settanta. Si buttava anche nel fuoco per salvare la gente e mia madre Mirella si arrabbiava tantissimo. Gli diceva: ricordati sempre che hai una famiglia. Ma mio padre andava sempre dove c'era il pericolo". Però, aggiunge Luca "il suo era un pericolo calcolato, non certo a tavolino, ma dall'esperienza. Papà era istrionico e molto esibizionista, ma non metteva a repentaglio la sua vita, sapeva quello che faceva. Raramente ci chiedeva consigli, lui ci diceva solo: faccio questo o faccio quello, era sempre sicuro di sè". Eriberto arrivava davanti alle folle in attesa col sacco dietro le spalle e cenci addosso, quando si trasformava nella brutta vecchina con la scopa. Talmente brutta che Luca Mastromattei ancora oggi ha "gli incubi di quella maschera che metteva sul viso, mi faceva orrore". Anita, classe 1967, non era ancora nata quando suo padre, cinque anni prima si tuffò ignudo con la moto nelle acque del fiume Pescara a meno due gradi: "Mia madre glielo proibì- racconta l'ex titolare del Jambo- ma lui lo fece lo stesso. L'anno successivo si mise in testa di tuffarsi dal ponte col suo furgone bianco, ma fu fermato da nonno Erminio e nonna Anita, che chiamarono i carabinieri per sequestrargli il mezzo. Lui era in accappatoio, pronto a saltare. Le sue imprese le scommetteva con un altro matto, il suo amico Luca Nicolaj, col quale faceva gare di off shore a Rimini". Ma come gli venne in mente di ideare la Befana di Eriberto così come i pescaresi l'hanno conosciuta? "Voleva fare doni in maniera diversa ed eclatante come nel suo stile, tutto quello che faceva era speciale e faceva notizia. L'ultima befana, nel 2004, trasformò lo yacht dell'amico Mario De Petrisi in un tetto col camino dal quale si materializzò con i doni. Poi smise, ci disse: basta, voglio godermi gli ultimi anni che rimangono viaggiando in giro per il mondo. Con Gianni Santomo e la famiglia se ne andò a Papeete in Polinesia dove tentò un altro record: scalare una barca risalendo dall'ancora, per vederla dentro, ma fu bloccato con gli idranti e lui fece un tuffo di testa da 25 metri di altezza e poi fece altri tre mesi di vacanza a Los Roques in Venezuela e in kenya acquistò le sue famose conchiglie, una la conservo io e l'altra è tra le sue mani nella bara". 

sabato 7 gennaio 2017

ATTENTI AI FALSI CLOWN DOTTORE CHE CHIEDONO SOLDI IN STRADA PER PEDIATRIA

Attenti ai falsi Patch Adams che stazionano  nelle piazze, davanti ai   supermercati, nelle fiere  e d'estate anche negli stabilimenti balneari. Si  travestono da clown, indossano camici, parrucca e naso rosso, vendono palloncini ai bimbi e chiedono soldi per i reparti di pediatria a mamma e papà. Questi soggetti non sono i veri clown dottori che nei reparti pediatrici degli ospedali  rallegrano con i giochi i bimbi sofferenti e dispensano sorrisi e affetto.  Lorenzo Di Santo,  docente di discipline geometriche all'istituto Misticoni-Bellisario e volontario dell'associazione  Clown doc onlus Pescara aderente alla Federazione nazionale clown dottori, lancia l'allarme sui clown "tarocchi" e spiega come difendersi dai raggiri a seguito di numerose segnalazioni e avvistamenti di questi personaggi in piazza della Rinascita, l'ultima volta durante le scorse feste natalizie:"Si tratta di individui appartenenti ad organizzazioni non identificate provenienti prevalentemente dalla Campania- spiega il "dottor Stecco" dell'associazione che ha sede legale in via Raffaello 47 - vestiti da clown, con o senza parrucca, con o senza camice e chiedono offerte ai passanti in cambio di palloncini colorati". L'invito dell'associazione è a diffidare di queste persone e allora come difendersi dai falsi clown dottori?" Innanzitutto i clown dottori non chiedono soldi a nessuno e non sconfinano dal proprio territorio di riferimento e poi l'utente deve porre domande semplici e avere risposte chiare: a quale associazione appartenete? di dove siete?  quali progetti sostenete? Se le risposte sono vaghe e generiche, si tratta di falsi operatori. I cittadini sono tenuti a fare domande specifiche e valutare l'idoneità della richiesta, a verificare le credenziali prima di fare una donazione e in caso di dubbi prendere un volantino e sottoporlo alle forze dell'ordine o contattare la segreteria della Federazione nazionale clown dottori 0547-353968". I frequenti raggiri ai danni dei cittadini hanno spinto il sodalizio nazionale con sede nel forlivese, diretto Alberto Dionigi, a  stilare un vademecum su come riconoscere un  clown dottore.  I veri professionisti dell'allegria, che operano nelle corsie di ospedale, non raccolgono soldi porta a porta; non chiedono soldi fermando la gente per strada; non portano dolci ai bambini in pediatria perchè la dieta ospedaliera non lo consente; non portano giochi ai bambini in pediatria perchè non igienico; non chiedono offerte in generale ma promuovono specifici progetti; non percorrono centinaia di km per raccogliere fondi. Ogni iniziativa avviene nel territorio dove operano e chi volesse fare donazioni deve informarsi sull'associazione prescelta e scegliere quella di fiducia anche  attraverso conoscenti. Il più celebre Patch Adams pescarese è il dottor Antonello Persico, tra i fondatori,  insieme all'oncoematologa Daniela Onofrillo e  a Giovanna Cacciafiori, della Clown doc (come doctor) associazione  sorta nel 2007 che conta 13 volontari  impegnati  nei progetti del sorriso nei reparti di chirurgia pediatrica, oncoematologia pediatrica, pediatria, ambulatori ecografia pediatrica, day hospital di ematologia pediatrica dell'ospedale civile. Altri interventi nel carcere di Chieti  per aiutare i bimbi a superare l'esperienza traumatica dell'ingresso in una prigione dove si recano per incontrare i genitori  e a sostegno degli anziani del centro Alzheimer Igea di Borgomarino. Cosa fanno i clown dottori dopo aver superato due anni di preparazione per diventarlo e sedute psicologiche periodiche di aggiornamento? Di Santo:"Indossiamo i camici, il naso  rosso, trucco minimal e vestiti buffi, ma non le parrucche che spaventerebbero i bimbi perchè non ci renderebbero riconoscibili , li distraiamo con i giochi a seconda anche delle loro passioni, le marionette, le bolle di sapone, li accompagniamo allegramente nelle sale operatorie per allentare la tensione anche dei familiari.  Il nostro lavoro ci porta a contatto con dolori immensi e ci aiuta a riscopire il bambino che è in noi, le nostre debolezze ed emozioni". Questi i nomi dei volontari di Clown doc: presidente Alessandra Lupone,  psicologa
 (nome d'arte dottoressa Campanellino); vice presidente Massimiliano La Paglia, counselor (dottor Solletico); Lorenzo Di Santo, insegnante Mibe (dottor Stecco);  Enzo Paraguai, operaio pastaio(dottor Fragolo); Annalisa Gileno, psicologa (dottoressa Rubacuori);  Gabriella Santurbano, impiegato Asl Chieti (dottoressa Clap Clap); Maria Elisa Sacchetti, commessa di Mosciano San'Angelo (dottoressa Coccinella); Katia Di Giuseppe,  mamma  di  Mosciano  (dottoressa Tontolona); Paola Ciulli, mamma (dottoressa Sofficina);  Mirella Pietrangelo, vivaista di Cepagatti (dottoressa Girasole);  Tiziana Carducci,  insegnante educazione fisica al Marconi (dottoressa Scarabocchio); Emanuela Pomponio, imprenditrice (dottoressa Scossa); Miriam Di Lisio, educatrice (dottoressa Birba).  Tutte le info su Clown doc  Pescara Facebook
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sabato 7  gennaio 2017
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venerdì 6 gennaio 2017

LA SALIVA DEL POLPO ROSSO PER COMBATTERE IL MORBO DI ALZHEIMER

I polpi provocano un interesse che va al di là del ruolo che svolgono nel mondo culinario e la sua intelligenza. Gli scienziati messicani stanno indagando sui potenziali benefici di questi molluschi che potrebbero offrire agli esseri umani per esempio nel campo della salute mentale e in particolare nella malattia di Alzheimer. La saliva del polpo rosso o Maya (Octopus maya), contiene una sostanza responsabile per paralizzare le loro vittime (di solito crostacei, lumache e vongole) e potrebbe avere un effetto sul sistema nervoso centrale degli esseri umani. La scoperta la si deve al ricercatore messicano Sergio Rodriguez Morales, professore di Chimica Organica e Dipartimento di Farmacia–Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Chimica (UNAM) di Sisal nello Yucatan. Vi è un'evidenza scientifica che uno dei componenti della saliva del polipo Maya inibisce la formazione dei beta-amiloide chiamata placca, che impedisce la comunicazione tra i neuroni ed è associata con l'Alzheimer. Questa sostanza funzionerebbe ad evitare lo sviluppo ulteriore di questa placca nei pazienti che hanno già l'Alzheimer. Mentre in coloro che godono di buona salute funge da azione preventiva. Secondo il professore Rodriguez Morales, per ottenere un farmaco dalla saliva di questo mollusco, dovrebbe essere necessari fra i dieci e i 15 anni di ricerca e sperimentazione con animali da laboratorio, per essere certi della sicurezza del farmaco, cioè, che non ha effetti negativi sull'essere umano. La sostanza che potrebbe essere usata contro il morbo di Alzheimer è estratta dalle ghiandole salivari dei polpi, che sono localizzate tra i visceri (che non vengono utilizzati per il consumo), che oggi sono gettati in mare e nei rifiuti domestici, spiega il ricercatore. Così, senza sacrificare il polpo, un anno e mezzo fa, l'Unità di Chimica di Sisal, UNAM, sviluppando questa ricerca ha scoperto che il corpo di un granchio è in grado di sbarazzarsi dell'effetto paralizzante della saliva del polpo, dopo due ore, recuperando pienamente.  Il morbo di Alzheimer è una fatale malattia del cervello che provoca un lento declino delle capacità di memoria, del pensare e di ragionamento. Lo “Sportello dei Diritti”, associazione che si occupa anche della tutela degli ammalati di tali malattie neurodegenerative, ricorda che circa 47 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da demenza senile, ed il morbo di Alzheimer è il tipo più comune. L’inesistenza di una cura, poiché le medicine attuali possono solo temporaneamente alleviare i sintomi, comporta il fatto che non solo chi è colpito dalla malattia ne subisce le conseguenze che lo portano ad un decadimento progressivo sino alla morte, ma anche i propri familiari che devono assisterli. È difficile, quindi stimare, per la loro enormità, i costi sociali che la malattia porta ai sistemi di welfare, ma è ovvio che la scoperta di una cura efficace potrebbe da una parte portare sollievo a milioni di persone nel mondo, ma anche ridurre notevolmente la spesa pubblica sanitaria a livello globale.
venerdi 6  gennaio 2017
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E' NATALE E IN SVIZZERA FIORI SUL PARABREZZA AL POSTO DELLE MULTE

Nella giornate natalizie, la polizia sangallese ha deciso di chiudere un occhio, non multando gli automobilisti che avevano posteggiato in divieto di sosta. È stata sicuramente una sorpresa quella capitata agli automobilisti indisciplinati di Uznach, piccolo comune di 5500 anime situato nel Canton San Gallo. Mentre recuperavano le proprie auto, parcheggiate in divieto di sosta, hanno infatti trovato sul parabrezza un fiore accompagnato da un piccolo biglietto. «Secondo il regolamento avremmo dovuto multarla. Ma siccome a breve sarà Natale, abbiamo preferito regalarle questo fiore», era scritto sul foglietto, firmato dalla Polizia cantonale sangallese. Le forze dell’ordine hanno confermato di aver applicato il medesimo "criterio di giudizio" nei confronti di tutti gli automobilisti, precisando però di aver chiuso un occhio solo in casi entro i limiti della tolleranza. Il portavoce della Polizia sangallese, Florian Schneider, ha inoltre sottolineato come il gesto non sia da considerare come un invito a parcheggiare ovunque si voglia, spiegando inoltre che «per quanto riguarda le sanzioni di tipo amministrativo, è lo stesso agente a valutare e decidere se sanzionare un automobilista o se limitarsi a richiamarlo all’ordine»
venerdi 6 gennaio 2017
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martedì 3 gennaio 2017

ALLARME DAGLI USA: NEL MIRINO DEGLI HACKER I DISPOSITIVI MEDICI COME IL PACEMAKER

Gli hacker puntano ai dispositivi medici. L'allarme è lanciato dal governo Usa in un recente report che dimostra come gli hacker siano sempre più alla ricerca di prodotti dotati di connettività di rete per manipolaRli e utilizzarli per i propri scopi. Dagli apparecchi acustici passando per le protesi fino ai pace-maker, defibrillatori interni e alle pompette di insulina la connettività sembra essere ormai onnipresente e serve a migliorare la qualità della vita, ma c'è un problema: la sicurezza. Tale ingente afflusso di prodotti “smart” rappresenterà un regalo prezioso anche per gli hacker. In questo periodo il mondo dei dispositivi medici che si connettono alle reti ospedaliere o private è in espansione e ne guadagna la qualità della cure e della vita dei pazienti ma il rischio che ci siano brecce nella sicurezza sfruttabili dai malintenzionati è reale. Pertanto le ripercussioni, non è difficile immaginarlo, possono essere gravissime. L'anello debole della catena, secondo lo studio, sarebbero proprio le aziende che dovrebbero tenere in considerazione la questione della cyber-sicurezza sin dalle prime fasi dello sviluppo. Ma non basta, in questo senso, bisognerebbe continuare a lavorare durante anche quando il prodotto è sul mercato e viene utilizzato dai pazienti, aggiornandolo costantemente. Per far fronte a queste minacce le autorità hanno emanato delle linee guida che in molti hanno sul web già definito anche troppo accondiscendenti. Stando al summenzionato rapporto, infatti, in caso venga scoperta una cyber-vulnerabilità, l'azienda avrà «60 giorni per correggere il problema»
lunedi 2 gennaio 2017
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UNIONI CIVILI E CONVIVENZE: VIA LIBERA ALLA REVERSIBILITA' DELLA PENSIONE PER COPPIE GAY

Con il via libera alle unioni civili cambiano le regole in ambito giuslavoristico e previdenziale. Il componente dell'unione civile è equiparato al coniuge anche ai fini previdenziali e assistenziali. Con il messaggio 5171 del 21 dicembre 2016, l'Inps ha recepito le indicazioni contenute nella legge Cirinnà (L. 76/2016) estendendo anche alle unioni civili le tutele e diritti previste per i coniugi, in attesa di nuove istruzioni operative. Il provvedimento (articolo unico da 69 commi) introduce infatti nell’ordinamento italiano la regolamentazione delle unioni civili nonché la disciplina delle convivenze tra persone dello stesso sesso, nonché le convivenze di fatto. In particolare, il comma 20 dell'unico articolo dispone, con riferimento alle unioni civili, che "Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole 'coniuge', 'coniugi' o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché' negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso". Pertanto la legge, entrata in vigore lo scorso 5 giugno 2016, ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni pensionistiche e previdenziali e dell'applicazione delle disposizioni che le disciplinano, il componente dell'unione civile è equiparato al coniuge: tra gli istituti ricompresi emergono, a titolo esemplificativo, la pensione ai superstiti, l'integrazione al trattamento minimo, la maggiorazione sociale, la successione iure proprio e quella legittima. Con effetto dal 1° luglio 2016 tali istituti saranno dunque riconosciuti anche al componente dell'unione civile ora equiparato, per legge e a tutti gli effetti, al coniuge. Questi potrà beneficiare, ad esempio, di quanto previsto dalle disposizioni di legge sulla pensione ai superstiti, prestazione economica che ricomprende sia la pensione di reversibilità che la pensione indiretta. L'importo spettante ai superstiti è calcolato sulla base della pensione dovuta al lavoratore deceduto ovvero della pensione in pagamento al pensionato deceduto applicando le percentuali previste dalla L. 335/95: al componente dell'unione rimasto in vita, in caso di decesso dell'altro, spetterà il 60% del trattamento maturato (o goduto) dal soggetto deceduto, come previsto per il coniuge. Restano applicabili, anche in questo caso, i limiti di reddito e le disposizioni sulla incumulabilità con redditi personali del beneficiario.
lunedi 2 gennaio 2017
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